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Lamezia, il calcio metafora di una città mai nata

Le divisioni di campanile dopo l’annuncio del progetto che dovrebbe unire le realtà calcistiche vanno ben oltre lo sport. Il sociologo Cavaliere: «No all’ossessione identitaria che blocca l’evoluzione e la crescita». L’intellettuale D’Agostino: «La storia deve alimentare il futuro e incuriosire i più giovani

Le polemiche non sono mai mancate: c’erano prima che l’inchiesta “Dirty Soccer” (maggio 2015) travolgesse ciò che restava del calcio professionistico lametino e ci sono ancora oggi, con il progetto di unificare le principali realtà locali (Vigor, Sambiase e Promosport) in una società di cui finora è chiaro solo il nome (Fc Lamezia Terme) e la prospettiva della serie D. Molti, come riportato ieri dalla Gazzetta, sono scettici, altri lo vedono come un passaggio storico. La questione però va ben oltre le cronache sportive e racconta molto di una città nata sulla carta proprio nell’anno della contestazione giovanile e assurta, come molte rivendicazioni sessantottine, a simbolo di occasione mancata. Il calcio, ancor più della politica, è lo specchio attraverso cui una società riflette se stessa raccontandone al tempo stesso passioni e limiti, sentimenti e piccole miserie. Così la polemica di questi giorni diventa la metafora di un clima da strapaese per cui la nascita della Fc Lamezia è l’epifenomeno, ovvero un evento accessorio, mentre il fatto principale sono le mai superate contraddizioni di una città che, pur essendo prima la terza e ora la quarta della Calabria, di fatto non è mai nata.

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