«Morire a vent’anni sbranata da cani randagi, è un evento terribile, tanto più che la ventenne era andata in zona per preparare una successiva escursione di gruppo». Nella storia di Simona Cavallaro trova posto la riflessione cristiana dell'arcivescovo di Catanzaro- Squillace Vincenzo Bertolone che recupera il tema dell'ecologia integrale dall'enciclica di Papa Francesco per rileggere le necessità della sua comunità. Un paradigma concettuale e un cammino spirituale che ricordano la correlazione tra fenomeni e problemi ambientali con questioni che normalmente non sono associate all’agenda ecologica in senso stretto, come la vivibilità e la bellezza degli spazi urbani.
«Il primo sentimento – continua il vescovo – è di orrore per la morte tragica di una giovane e di solidarietà con tutti i sopravvissuti. Il mistero della morte diviene mysterium iniquitatis, anche perché ci fa interrogare sul rapporto uomo e animali, particolarmente con quelli che l'essere umano ha fatto diventare parte integrante della vita quotidiana e che hanno provocato una vera e propria divaricazione tra eletti alla domesticazione e destinati al branco del randagismo, in un contesto ambientale che non riesce a garantire il monitoraggio veterinario e i minimi esistenziali di sopravvivenza per i randagi. La fame da lupi porta esseri percettivi ma non razionale a fare branco e assalire chi è diventato, piuttosto che preda, un nemico. Le ferite mortali inferte a questa nostra ragazza sono la messa a nudo tragica dei nostri ritardi. Ma soprattutto sono il grido della natura a riequilibrare i rapporti e i valori».
Una presa di posizione che nessuno finora ha avuto il coraggio di esternare, in una vicenda che vede nella degradazione dell’ambiente e della società una mancanza di visione integrale che fin quando non sarà recuperata lascerà aperte le ferite di un territorio che continua a piangere vittime.
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