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Siccità, cinghiali e altri costi: così i vigneti di Cirò rischiano l'abbandono

Scilanga: «Il prezzo inchiodato a 75 euro al quintale è inadeguato»

«Sempre meno redditizia, a dispetto dell’aumento dei costi di produzione, la coltivazione della vite, è a rischio abbandono nella pregiata area vitivinicola del Cirò doc». A denunciare la triste ed inesorabile comparsa dei cartelli vendesi apposti ai vigneti della terra del vino per eccellenza in Calabria, è uno dei produttori, più conosciuti dell’area: Giuseppe Ippolito.

«Con una quantità drammaticamente ridotta – lamenta – dalla lunga siccità e dalle incursioni dei cinghiali, che, purtroppo continuano a imperversare in zona, quest’anno, il prezzo delle uve, avrebbe dovuto schizzare; l’aumento dei prezzi, infatti, si è registrato ovunque portando, per esempio, il Primitivo di Manduria, sui 150/180 euro al quintale». «Nel Cirotano, invece – sottolinea – il ritocco, non è andato oltre il tetto massimo dei 75 euro a quintale. Una cifra, che risulta inadeguata a coprire le spese».

A condividere i timori e la preoccupazione di Ippolito che vanta una lunga ed ampia esperienza di soggiorni e contatti all’estero, è Salvatore Scilanga, presidente della cooperativa di viticoltori, Cavic. «Come finezza dell’uva – osserva Scilanga – il Cirò è di gran lunga superiore al Primitivo, che, tuttavia, beneficia di politiche di sostegno e promozione avanti anni luce rispetto alla Calabria». «L’unico aiuto che ci è stato concesso – rivela – da alcune cantine al termine di una annata che ha falcidiato la produzione, è stata la possibilità di scaricare l’uva raccolta direttamente nelle vasche e non con le cassette». «Con un prezzo di vendita inferiore a 100 euro – sottolinea il presidente della cooperativa dei produttori – il viticoltore non ce la fa a coprire i costi di manodopera, che tra l’altro, è sempre più difficile reperire; quelli per i trattamenti e per il carburante».

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