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Lamezia, il giudice ridimensiona le accuse: "Non si configura il traffico illecito"

Lla società lametina avrebbe ricevuto 153 kg di rifiuti

Il fulcro dell’inchiesta “Ecoballe d’argento” è l’impianto Rideco di Pagani gestito da Salvatore de Prisco e dai figli Bernardo e Mike. La Dda di Salerno li accusa di aver condotto attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti in concorso con altre 11 persone tra cui figura anche Adolfo Domenico Monterosso, 52enne residente a Botricello che è legale rappresentante della società di recupero rifiuti Eco Metalferro Srl con sede nella zona industriale di Lamezia. Questa società, che è tra le sette citate nell’inchiesta, è proprietaria del capannone di circa 1000 mq nell’area ex Sir che i carabinieri del Noe di Catanzaro, nel 2019, hanno sequestrato prendendo atto che fosse «saturo di rifiuti». Al centro del presunto traffico ci sarebbe un giro da oltre 2600 tonnellate di imballaggi in materiali misti, ovvero plastici di scarto delle industrie conciarie e sacchi asettici in poliaccoppiato (il cosiddetto argentato) provenienti da locali industrie conserviere con cui, emerge dalle intercettazioni confluite nell’inchiesta, la Rideco intratteneva «fitti rapporti». Nel vagliare l’impianto accusatorio e le richieste cautelari della Procura, però, il gip salernitano Francesco Guerra osserva che per le società destinatarie dei rifiuti, per le quali è stata avanzata la richiesta di misura cautelare reale, «non possono ritenersi sufficienti gli indizi raccolti all’esito delle indagini» in merito ai reati contestati.

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