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Autobomba di Limbadi, dubbi sulla dinamica. Ma per la Corte d’Assise è "chiara"

A sollevarli la difesa dei principali imputati

Si avvia alle ultime battute il processo sull’autobomba di Limbadi, il 9 aprile del 2018 costato la vita a Matteo Vinci e il grave ferimento del padre Francesco. Procedimento che si sta celebrando davanti alla Corte d’Assise di Catanzaro (presidente Bravin) e che vede quattro gli imputati – tutti rimasti coinvolti nell’operazione “Demetra” di Dda e carabinieri – accusati, a vario titolo, di omicidio, tentato omicidio, entrambi aggravati dalla premeditazione, dai motivi abietti e futili, detenzione e porto illegale di esplosivo, lesioni personali, armi e tentata estorsione, reati tutti aggravati dalle modalità mafiose. Nell’udienza di giovedì scorso la difesa dei principali imputati ha chiesto alla Corte la nomina di due periti, uno dei quali medico-legale affinché accertasse la compatibilità delle lesioni riportate da Francesco Vinci (il quale con la moglie Sara Scarpulla si è costituito parte civile) con quanto accaduto nell’auto. Richieste articolate ma comunque rigettate dalla Corte d’Assise. Per i giudici, infatti, «è sufficientemente chiara la dinamica» di quanto accaduto il 9 aprile del 2018 in località Macrea di Limbadi.

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