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L'autobomba di Limbadi, chiesto l'ergastolo per la Mancuso e per Barbara

L'attentato che il 9 aprile del 2019 dilaniò il corpo di Matteo Vinci e ferì gravemente il padre Francesco

Due ergastoli e condanne per complessivi 22 anni di carcere.  Questa la richiesta del pm Andrea Mancuso nei confronti dei quattro imputati finiti sotto processo per l'autobomba di Limbadi che il 9 aprile del 2019 dilaniò il corpo di Matteo Vinci e ferì gravemente il padre Francesco. Omicidio e tentato omicidio che viene contestato a Rosaria Mancuso, 66 anni di Limbadi  (sorella di alcuni boss dell’omonima cosca), del genero Vito Barbara, di 30  – la prima difesa dagli avv. Francesco Capria e Mario Santambrogio, il secondo dall'avv. Giovanni Vecchio e dall'avv. Fabrizio Costarella – i quali vengono ritenuti «ideatori e promotori del delitto» e per i quali il pm ha chiesto l'ergastolo. Inoltre 20 anni di detenzione è stata la richiesta nei confronti di Domenico Di Grillo, di 73 anni, marito della Mancuso (avv. Capria e Gianfranco Giunta)  e di 12 anni per Lucia Di Grillo, di  31 anni (avv. Vecchio e Stefania Rania), moglie di Barbara, che risponde solo dell'imputazione relativa alle armi. Inoltre Barbara, la Mancuso e il marito sono accusati del tentato omicidio di Francesco Vinci colpito ripetutamente con un’ascia e un forcone, nell’ottobre dell’anno precedente all’autobomba.

Il processo, in corso di svolgimento davanti ai giudici della Corte d'Assise di Catanzaro,  vede come parti civili Rosaria Scarpulla e Francesco Vinci, genitori di Matteo, rappresentati dall'avv. Giuseppe De Pace.

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