Sono passati solo due giorni dal 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, numerosi sono stati gli eventi e le iniziative per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’odioso fenomeno e spazzare via gli anacronistici retaggi di un modello sociale oramai superato dove la donna era relegata ad un ruolo marginale e considerata alla stregua di un oggetto.
Coerente con gli impegni assunti la Procura della Repubblica di Vibo Valentia e i carabinieri hanno fatto seguire alle parole i fatti. L’attenzione degli investigatori vibonesi resta altissima e così proprio ieri i carabinieri del comando provinciale hanno dato esecuzione, sulla scorta di indagini coordinate dal Procuratore Camillo Falvo e dal sostituto Cecilia Rebecchi, a due misure cautelari emesse dall’ufficio Gip del locale Tribunale per altrettanti episodi di maltrattamento e violenza contro le donne. Le indagini, celeri e accurate, sono state attivate dalle compagnie carabinieri di Vibo Valentia e Tropea dopo che le vittime hanno trovato il coraggio di denunciare le violenze subite fra le mura domestiche da uomini violenti che avrebbero dovuto al contrario prendersi cura di loro e dei figli, anch’essi incolpevoli vittime dei ripetuti maltrattamenti a cui hanno assistito.
Così a un 40enne, nel frattempo trasferitosi fuori regione, i carabinieri hanno notificato il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa. In particolare, l’ordinanza dispone che il presunto autore delle violenza debba stare a una distanza non inferiore ai 250 metri in caso di incontro fortuito in luogo pubblico e non inferiore a cinquanta metri nei luoghi abitualmente frequentati dalla parte offesa. A un 38enne di origine marocchina invece è stato notificato il provvedimento con cui è stato disposto l’immediato allontanamento dalla casa familiare.
Storie diverse eppure uguali, accomunate da un triste comune denominatore rappresentato da una escalation di maltrattamenti. Prima quelli verbali, poi le minacce e le aggressioni fisiche. Le vittime sopportano a lungo. La paura è di rimanere sole, c’è poi la speranza che quel compagno violento possa prima o poi cambiare e infine la necessità di mantenere ad ogni costo un’apparenza di normalità per non creare traumi ai figli.
Purtroppo, certe dinamiche non si risolvono autonomamente e quando vi si rimane coinvolti il pericolo è quello di essere trascinati sempre più a fondo. L’unico modo di spezzare la spirale di violenza è quello di ribellarsi e denunciare. La denuncia, come più volte ha sottolineato il Procuratore della Repubblica Camillo Falvo, è l’unico vero antidoto contro i soprusi e le ingiustizie. La vittima denunciando esce dall’ombra e decide di esercitare i propri diritti civili con la consapevolezza, come in questi casi, di trovare ascolto, comprensione, sostegno e risposte celeri.
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