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Ospedali di Catanzaro, ok del Consiglio regionale alla fusione tra “Pugliese” e “Mater Domini”

Tentativo finora mai andato a buon fine per la bocciatura di un’altra legge sul tema da parte della Corte costituzionale ma anche per forti “resistenze”, non solo politiche ma anche accademiche e ospedaliere

Ospedale Mater Domini

Il Consiglio regionale ha approvato la notte scorsa la proposta di legge in tema di “Razionalizzazione e miglioramento dell’offerta assistenziale nel territorio regionale’”. In particolare la legge, presentata dal presidente del Consiglio regionale Filippo Mancuso, prevede l’unificazione dell’Azienda ospedaliera “Pugliese Ciaccio” e dellAzienda ospedaliera universitaria “Mater Domini” di Catanzaro, che è – si legge nella relazione illustrativa del testo – «una scelta organizzativa prevista anche nel piano di rientro e più volte sollecitata dai ministeri affiancanti».
La legge prevede che l’unificazione avvenga mediante fusione per incorporazione dell’Azienda ospedaliera “Pugliese Ciaccio” nell’Azienda ospedaliera universitaria “Mater Domini: l’Azienda “Mater Domini” assume la denominazione di Azienda ospedaliera universitaria “Renato Dulbecco” e subentrerà nei rapporti giuridici attivi e passivi dell’Azienda ospedaliera “Pugliese Ciaccio”.

Si dispone poi che «l’attuazione della fusione è affidata al protocollo di intesa» tra il commissario della sanità calabrese e il Rettore dell’Università di Catanzaro, da sottoscriversi entro un anno dall’entrata in vigore della legge. Il protocollo – è evidenziato ancora nella relazione- dovrà «tenere conto, in particolare nella fase di avvio delle attività dopo la fusione, delle rispettive vocazioni assistenziali, di emergenza urgenza dell’azienda Pugliese Ciaccio e di elezione, urgenza, didattica e ricerca della Mater Domini». La legge rappresenta un nuovo tentativo di creare, nella pratica, l’Azienda ospedaliera unica a Catanzaro, eventualità finora mai andata in porto per la bocciatura di un’altra legge simile da parte della Corte costituzionale ma anche per forti “resistenze”, non solo politiche, ma anche nella comunità accademiche e nell’universo ospedaliero del capoluogo.

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