Ci sono storie tormentose la cui fine è sempre più lontana. Come la storia di R. C., mamma di un ragazzo che da oltre 20 anni è tossicodipendente e nel contempo soffre di problemi psichiatrici. Ma della riabilitazione neanche l'ombra. Siamo nel 2022 e ancora, a causa di pregiudizi e scarica barili vari, sia istituzionali che burocratici, ma soprattutto a causa della mancanza di cultura e politica molti giovani caduti nel baratro della droga si trovano oggi a dover lottare fra la vita e la morte. Perché? «Manca una visione di insieme - dichiara la mamma del ragazzo di 37 anni che attualmente si trova ricoverato in una struttura psichiatrica a Cuneo - sono quasi 20 anni che combatto per restituire dignità a mio figlio, ma da ogni parte è solo uno scarica barile, nessuno può fare niente, allora buttiamo il pacco?». E il pacco, al quale si riferisce la mamma, insegnante in un istituto della città, sarebbe proprio il figlio, ormai 37enne, buttato in un letto di ospedale e imbottito di psicofarmaci. A quanto pare il futuro gli sembra negato. «Lo sento ogni giorno, sta male, vuole scappare, mangia poco e niente», dice la donna. Il problema, nello specifico, lamentato dalla signora è dato dalla mancanza del servizio di "doppia diagnosi", servizio esistente in tante strutture del nord Italia ma assente purtroppo in Calabria. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Catanzaro