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La Cassazione: «Il delitto Ruggiero sancì l’ascesa di Nicolino»

Le motivazione sulla sentenza che ha condannato a 30 anni il boss di Cutro Grande Aracri per l’omicidio del ‘92

Il luogo dell'omicidio di Romano Scalise a Cutro

L’assassinio di Rosario Ruggiero? È un «fondamentale tassello nell'ascesa criminale di Nicolino Grande Aracri» per «sugellare il suo ruolo primario nella criminalità organizzata di Cutro». Lo mette nero su bianco la Cassazione nelle motivazioni della sentenza del procedimento sul filone omicidi, scaturito dall’operazione antimafia “Filottete” venuta alla luce il 30 ottobre 2013 con l’esecuzione di 17 arresti.
La Suprema Corte, lo scorso 30 novembre, ha infatti confermato la condanna a 30 anni di carcere per il 63enne boss di Cutro quale mandante dell’uccisione di Ruggiero, avvenuta il 24 giugno 1992 a Cutro. Ma gli ermellini nella circostanza hanno anche ribadito la pena dell’ergastolo per il capo della ‘ndrina di Petilia Policastro, Vincenzo Comberiati (65 anni), e suo figlio Pietro (42), entrambi accusati della morte dei fratelli Mario e Romano Scalise, assassinati rispettivamente il 13 settembre del 1989 a Petilia e il 18 luglio del 2007 a Steccato di Cutro.

Inoltre, con la stessa pronuncia, è stato pure disposto un nuovo giudizio davanti alla Corte d’Appello di Catanzaro per Giuseppe Grano (57 anni, di Mesoraca), che deve rispondere di concorso nell’omicidio di Ruggiero.
Sulla ricostruzione dei delitti di sangue che hanno riscritto le gerarchie della ‘ndrangheta nella provincia di Crotone, ha pesato il contributo fornito dai collaboratori di giustizia.

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