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Calabria, farmacisti nelle strutture: la legge è illegittima

I giudici della Consulta evidenziano il contrasto fra l’intervento del legislatore regionale e le competenze del commissario ad acta della sanità calabrese

Nuovo stop della Consulta a una legge calabrese. Questa volta la scure della Consulta si abbatte sulla norma (approvata a novembre 2020 in Consiglio regionale) che prevedeva la presenza obbligatoria dei farmacisti in determinate strutture pubbliche e private. Le norme erano state introdotte a novembre del 2020.

La legge prevedeva «la presenza obbligatoria della figura professionale del farmacista negli istituti di ricovero, di riabilitazione, nelle residenze sanitarie assistite (Rsa), negli hospice, nelle residenze socio sanitarie assistite (Rssa), presso i servizi per le tossicodipendenze (Sert), negli ospizi, nelle case protette e comunità terapeutiche, case di cura private e in tutte le altre strutture pubbliche e private della Regione ove sono utilizzati farmaci».

Un farmacista abilitato e iscritto all’Ordine per le strutture con 60 posti letto, due per le strutture superiori. I giudici della Consulta evidenziano il contrasto fra l’intervento del legislatore regionale e le competenze del commissario ad acta della sanità calabrese. Alla luce di tale quadro regolatorio - si legge nella sentenza- risulta evidente il contrasto delle disposizioni regionali in esame con le competenze della gestione commissariale in materia di contenimento della spesa per il personale come definita dalla ricordata delibera del Consiglio dei ministri e, al contempo, è altresì evidente il contrasto con le disposizioni dettate dall’art. 11, commi 1 e 4, del d.l. n. 35 del 2019, come convertito, in tema di tetto di spesa per il personale nel settore sanitario.

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