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Parco Romani a Catanzaro, il caso è ormai chiuso

«Deserto probatorio» per il sindaco Olivo, l’architetto Cantisani e l’ex consigliere Elia. I giudici: non è emersa una volontà fraudolenta nei confronti dell’ente pubblico

«Deserto probatorio», è l’espressione utilizzata nelle motivazioni della sentenza con cui il 6 aprile scorso i giudici del collegio giudicante (presidente Carmela Tedesco) hanno assolto gli ultimi tre imputati coinvolti nell’inchiesta sul mai completato Parco Commerciale Romani nel quartiere.

Sono bastate 17 pagine ai magistrati per chiudere un caso giudiziario durato oltre un decennio che avrebbe dovuto far luce sull’ennesimo sfregio urbanistico compiuto ai danni della città. Con la formula perché il fatto non sussiste il collegio ha assolto l'ex sindaco del capoluogo Rosario Olivo (difeso dall'avvocato Nicola Cantafora), Biagio Cantisani, ex dirigente del Comune di Catanzaro ed presidente dell’Ordine degli architetti (difeso dall'avvocato Carlo Petitto) e Giulio Elia, consigliere comunale di Catanzaro e all’epoca presidente della Commissione urbanistica (difeso dall'avvocato Antonio Lomonaco). Il pubblico ministero aveva chiesto la condanna a 2 anni e 8 mesi per Elia, unico imputato ad aver scelto di rinunciare alla prescrizione, mentre per Olivo e Cantisani la pubblica accusa aveva chiesto al collegio di dichiarare l’intervenuta prescrizione. I giudici hanno invece deciso per un’assoluzione ampia per tutti e tre gli imputati.

Nessun favoritismo

L'inottemperanza della ditta Romani all'ordine di demolizione di alcune opere abusive è l'inizio dell'intricata vicenda. L'amministrazione comunale, all'epoca guidata dal sindaco Rosario Olivo, provò a “salvare” il parco commerciale, in cui decine di cittadini avevano investito, spostando la realizzazione dell'ente fiera da Germaneto al Parco Romani. Un passaggio, concretizzatosi a maggio del 2011, che la Procura aveva ritenuto sospetto. Da qui le accuse contestate, a vario titolo, di falso, abuso d’ufficio, tentata truffa aggravata, tentata percezione di fondi pubblici, corruzione, distruzione, soppressione o occultamento di atti, estorsione e concussione. Per i giudici però nella condotta dell'allora sindaco e dell'architetto Cantisani non vi è «alcun elemento idoneo a suffragare la sussistenza di una volontà fraudolenta nei riguardi dell'ente pubblico». La sentenza smentisce che vi sia stato un tentativo di favorire gli imprenditori Vincenzo Speziali e Giuseppe Gatto (entrambi già assolti con sentenza definitiva), così come «risulta smentita l'ipotesi d'accusa in ordine al carattere più vantaggioso della prima proposta di permuta».

Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud – Catanzaro 

 

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