Pistole, kalashnikov, fucili a pompa, ma anche un ordigno da 64 kg. Dall’inchiesta della Dda di Catanzaro che ha colpito i pusher della movida lametina non emergono solo episodi legati alla droga, o intimidazioni di cui alcuni indagati si autoaccusano non sapendo di essere intercettati. Si parla anche di armi. Lo fanno, in particolare, il 33enne Antonio Pagliuso, arrestato con l’accusa di essere al vertice dell’organizzazione che avrebbe inondato il centro di Lamezia di cocaina e marijuana, e il 30enne Antonio Cerra, finito ai domiciliari. Nel magazzino di via Torre in cui la droga veniva “tagliata” e confezionata, Pagliuso si vantava: «Io ho tutto, eh... a me non mi manca niente...». E ancora: «Non è che mi manca il coraggio per mettere anche una bomba eh... (…) ...ne ho una che mi pesa sessantaquattro chili... sessantaquattro chili...». Nel maggio del 2018 è invece Cerra, a bordo della sua Panda, a vantarsi con Pagliuso della sua leadership nel settore: «Questi qua li paghiamo una cazzata hai capito? Ti sto parlando chiaro, il miglior prezzo che ho io non ce l’ha nessuno in tutta la zona, ma no a chiacchiere per davvero». I due discutono dell’acquisto di un revolver calibro 38 e Pagliuso chiede: «Ma il 38 con quanto lo prendiamo?». Cerra risponde: «Con 1200 euro, 1300».
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