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Rifugiata a Cirò Marina la moglie del vicesindaco della martoriata Mariupol

Tanja e la figlia ospiti della sorella di lei nel piccolo centro calabrese. Messa in salvo la ragazza, ora vorrebbe tornare dal marito rimasto a difendere la città

Sergij Orlov

Tra i profughi ucraini arrivati in Calabria, ci sono anche Tanja Hlandkikh e la sua Juna. La prima è la moglie, la seconda, la figlia, quindicenne, del vicesindaco di Mariupol: la città martire sul mare d’Azov assediata dai soldati della Federazione Russa.
Da pochi giorni, madre e figlia sono a Cirò Marina, dove vive una comunità di circa 60 ucraini. Sono ospiti della sorella della donna, Katia, che nella cittadina si è perfettamente integrata dopo il matrimonio con un cirotano, Michele Grisolia. La sorella e la famiglia di questa le hanno attese, trepidando per la loro sorte, accogliendole al termine del lungo viaggio che madre e figlia hanno compiuto attraverso la Polonia, dopo aver lasciato la città ora devastata dall’artiglieria russa.
Nelle parole di Tanja, riportate dal padre del cognato, Oscare Grisolia, c’è l’orrore di una guerra assurda condotta in maniera spietata e cinica dagli aggressori.
«Se non fossero partite dopo i primi due giorni di bombardamenti – racconta Grisolia che ha accolto con suo figlio i parenti della giovane nuora – sarebbero in uno degli scantinati della città chiusi come topi». «Di tanto in tanto – ha raccontato Tanja – riesco a sentire mio marito (Sergey Orlov, detto Misha, ndc); che, con il sindaco e il consiglio di guerra è in un luogo segreto mentre Mariupol è stretta in una gabbia». «Il comitato – ha spiegato la donna – sta tentando di creare dei corridoi umanitari per permettere ai nostri concittadini di uscire. Noi siamo state fortunate – ha affermato ancora la giovane donna – ma è una sofferenza pensare ai nostri amici e parenti che vivono l’inferno: senza acqua, riscaldamento, con la paura negli occhi; tra loro ci sono anche mia madre e mio padre».

C’è molta apprensione in famiglia per la sorte dei genitori «da molti giorni – hanno precisato – non riusciamo ad avere più nessuna notizia di loro». Quindi l’appello disperato di Tanja: «Il mondo deve sapere cosa accadendo in Ucraina, e deve aiutarci a fermare Putin». Tanja ha usato la parola tiranno per indicare il presidente russo «che – ha sottolineato – non si fermerà; io parlo russo da tutta la vita e nessuno mi ha mai impedito di farlo». «Tocca ai “fratelli Russi” – ha esortato – prendere coscienza del genocidio in atto, altrimenti non potranno mai essere perdonati». Ma Tanja come stanno dimostrando gli ucraini è una donna fiera. Portato in salvo la figlia vorrebbe tornare a Mariupol. «A fatica – racconta Oscare Grisolia – l’abbiamo convinta a desistere; ma ora cerca una casa per quanto la sorella sia felicissima di tenerla con sé».
La speranza è che la tragedia immane che si è abbattuta sulla loro città travolgendo le loro esistenze finisca presto. Suo marito Misha che ora è in prima linea, l’estate scorsa era un semplice turista a Cirò Marina. Oggi è parte attiva della resistenza ucraina; difficile anche per la piccola Juna, recuperare l’equilibrio spezzato dalle bombe. La ragazza potrebbe frequentare un istituto superiore della zona ma non se la sente, «piuttosto – spiega Oscare Grisolia – cercheremo in qualche molto di distrarla iscrivendola a qualche associazione sportiva».
Associazioni che ovviamente sono tutte pronte ad accoglierla a braccia aperte.

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