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Il Comune di Crotone ristruttura bene confiscato ma lo deve restituire ai proprietari

Beffa onerosa per le casse dell’ente che aveva già speso 350mila euro. Una sentenza della Corte d’Appello ha revocato il provvedimento

Il danno e la beffa. Ieri il Comune di Crotone ha dovuto restituire l’immobile di via Calipari sottratto alla 'ndrangheta, ai suoi proprietari. Una conseguenza della decisione della Corte d’Appello di Catanzaro che ha revocato la confisca del bene. Ma l’ente, che per la valorizzazione della struttura ha ottenuto dalla Regione un finanziamento di 700 mila euro ha già speso 350 mila euro sull’immobile. Una beffa alla quale si aggiunge il fatto di non aver avuto la possibilità di trattenere la struttura dietro il pagamento del suo valore economico ai titolari.
Il Municipio, ha così perso il fabbricato (esteso 300 metri quadri) che aveva acquisito al suo patrimonio nel 1999 e adesso rischia anche di dover consegnare alla Cittadella di Catanzaro lo stanziamento ricevuto per la gestione e manutenzione del bene.
Per cercare di evitarlo, l’amministrazione guidata dal sindaco, Vincenzo Voce, s’è rivolta ai giudici di Catanzaro affinché venga applicato a favore del Comune capoluogo l’istituto giuridico della cosiddetta «restituzione per equivalente» per continuare a mantenere l’immobile nella sua disponibilità. La vicenda parte da lontano. Era il 1993, quando la sezione misure di prevenzione del Tribunale di Crotone dispose la confisca dell’immobile che è esteso 300 metri quadri. La decisione venne confermata l’anno seguente dalla Corte d’Appello di Catanzaro, per poi diventare irrevocabile (doveva essere), il 16 gennaio 1996 con sentenza definitiva della Corte di Cassazione. Dopodiché, nel 1999, l’Agenzia del Demanio consegnò il bene all’ente di piazza della Resistenza «per finalità istituzionali», Nel 2002 il possesso della struttura venne prima revocato e successivamente riassegnato al Municipio con l’obiettivo di utilizzarla sia «per finalità sociali» che «per interventi di carattere sociale in favore dell’infanzia e dell’adolescenza». E così, il 20 novembre 2002, l’ente stabilì di creare all’interno dell’immobile di via Calipari uno spazio di aggregazione sociale per ragazzi con disabilità denominato “Centro Evita”.

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