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Lamezia, le motivazioni della sentenza “Reventinum”: arrivò dagli Scalise l’ordine di uccidere Pagliuso

Il vertice del clan di Decollatura decise l’eliminazione dell’avvocato lametino

La scena del crimine dove fu ucciso l'avvocato Pagliuso

Che gli Scalise covassero rancore nei confronti dell’avvocato Francesco Pagliuso è provato. Ed è altrettanto dimostrato che il delitto, commissionato a un presunto killer (Marco Gallo, già condannato in primo grado all’ergastolo), sia da ricondurre nell’ambito del clan di Decollatura. Sono alcune delle motivazioni della sentenza “Reventinum” che ha visto condannati in primo grado all’ergastolo, in abbreviato, Luciano Scalise e il padre Pino. Depositate l’8 aprile, nelle motivazioni del verdetto – emesso a giugno dell’anno scorso – il gup Pietro Carè rileva che se da un lato è stata «documentata l’avversione della cosca nei confronti della vittima», dall’altro è provato che «il mandato omicidiario sia certamente da ricondursi nell’ambito della cosca, i cui destini vengono legati a quelli del Gallo da parte degli stessi sodali nei commenti a caldo che seguono l’individuazione del killer da parte delle forze dell’ordine». Quest’ultima circostanza è «un fatto ineludibile» davanti a cui «scolorano tutte le eventuali tesi alternative». Se dunque il delitto è maturato all’interno della cosca Scalise, è per il giudice «del tutto logico, in difetto di una prova diretta del mandato, attribuirne la responsabilità ai soggetti – Pino e Luciano Scalise – dotati di un potere decisionale all’interno di essa».

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