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Lamezia, centro trasfusionale senza personale: disagi per i pazienti

Fusto: «Tolgo la reperibilità notturna»

Nico Fusto

Che l'ospedale "Giovanni Paolo II" sia una struttura sempre più carente di servizi essenziali e organico non è una novità, lo scopriamo giorno dopo giorno attraverso le varie segnalazioni di utenti e associazioni che ruotano attorno alla difesa della salute dei malati. Il leitmotiv è sempre lo stesso, ma da parte degli enti e delle istituzioni, restando sul campo delle mancate assunzioni, non arrivano risposte concrete. In questa atmosfera a soffrire di più sono in particolare i malati cronici, coloro che avrebbero invece bisogno di attenzioni costanti, e soprattutto di prestazioni burocratiche più celeri visti i controlli massicci e ripetuti a cui sono sottoposti con conseguente stress psicofisico. L’associazione “Malati cronici del lametino” segnala la situazione in cui versano i pazienti che fanno capo alla Terapia anticoagulante orale, conosciuta anche come Tao, che è un trattamento terapeutico cronico utilizzato per rallentare la coagulazione del sangue e prevenire quindi eventi assai spiacevoli.
«Chi soffre di questa patologia deve conviverci per tutta la vita e ha periodicamente bisogno di trattamenti – scrive Giuseppe Gigliotti – quindi non comprendiamo perché non si adottino strumenti tali da alleggerire la già pesante gestione che coinvolge anche persone anziane che davvero non riescono a fare tutta una serie di trafila. Con il rilascio di un tesserino, come si usa fare in altre regioni, si eviterebbe il dover sopportare tutta una serie di incombenze che comporterebbe snellimento di procedure e un sollievo per i pazienti». Gli stessi pazienti fanno riferimento anche al centro prelievi che, attualmente non li effettua più il sabato. Il servizio del trattamento anticoagulante pare venisse garantito fino al 2018 dal Centro trasfusionale e poi dalla Cardiologia. I pazienti scoagulati superano un migliaio di persone. Negli ultimi anni alcuni di loro sono stati trasferiti a un altro tipo di farmaco per cui non c’è bisogno del monitoraggio, ma per la maggioranza vale invece il procedimento dell’anticoagulante. «Quando erano con noi i pazienti si facevano fare delle ricette valevoli per 8 prestazioni, quindi 8 controlli, 8 prelievi, 8 piani terapeutici – dichiara alla Gazzetta del Sud Nico Fusto, responsabile del centro trasfusionale – passando invece a Cardiologia i controlli sono molto più frequenti, ma non entro nel merito perché queste sono decisioni cliniche, ed hanno instaurato un regime burocratico più complesso, per cui ogni volta che venivano dovevano presentare una ricetta».

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