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Il boss ricusa due giudici, tegola sul maxi processo Scott-Rinascita

La Cassazione accoglie l’istanza dei legali di Luigi Mancuso, sul collegio di Scott Rinascita si ripronuncerà la Corte d’appello di Catanzaro

L'aula bunker di Lamezia Terme

Torna l’incubo della ricusazione sul maxi processo Scott Rinascita. La prima sezione della Corte di Cassazione ha accolto l’istanza presentata dalla difesa del boss Luigi Mancuso, rappresentato dagli avvocati Paride Scinica e Francesco Calabrese. Per i giudici della Suprema Corte la Corte d’Appello di Catanzaro dovrà pronunciarsi nuovamente sulla ricusazione dei giudici Brigida Cavasino e Gilda Romano, due dei tre magistrati che compongono il Tribunale collegiale di Vibo Valentia impegnato nel filone principale del maxiprocesso alla ‘ndrangheta vibonese con oltre trecento imputati in attesa di giudizio.

Al centro della questione sollevata dalla difesa del boss c’è la sentenza firmata proprio da Cavasino e Romano al termine del processo Nemea, stralcio proprio della maxi inchiesta. Nelle motivazioni depositate nel marzo del 2021 il Tribunale di Vibo ha certificato l’operatività della cosca Soriano «valutando il contesto associativo ‘ndranghetistico comune a tutti gli originari coimputati del reato di associazione mafiosa esteso all’intero territorio calabrese e in altre parti del territorio nazionale ed estero, retto dalla figura di vertice rappresentata da Luigi Mancuso». Gli avvocati del boss si erano già rivolti alla Corte d’appello di Catanzaro, presieduta da Loredana De Franco con a latere i giudici Giovanna Gioia e Ippolita Luzzo. Nel giugno 2021 l’istanza era stata ritenuta «infondata» dichiarandola «inammissibile».

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