Il tempo, a scadenza, gestisce e condiziona le loro vite. E quelle dei loro familiari, costretti, come sono, a convivere ormai da anni con contratti a termine, occupazioni temporanee, in una esistenza che non arriva mai oltre la dodicesima mensilità. È questa la situazione lavorativa ed esistenziale anche dei 75 lavoratori vibonesi che, dall’ottobre 2014, sono dipendenti part-time, a tempo determinato, di Calabria Lavoro, ente pubblico economico e strumentale della Regione. Loro, i precari, descritti nella legge 15/2008, oggi appartengono al bacino del precariato istituzionalizzato e storicizzato della Regione Calabria, come riportato nella legge 1/2014, ed in utilizzo in diversi altri enti quali Asp, Aterp, Comuni, Province e lo stesso Ufficio territoriale del Governo.
Da dicembre dello scorso anno, aspettavano si concretizzasse la promessa dell’attuale governo regionale che aveva annunciato l’inizio della stabilizzazione. E così, di mese in mese, si è preso tempo a suon di proroghe tecniche, con allungamento dei contratti in scadenza, in attesa di capire come tappare la falla burocratiche e normativa. Cosa questa che ha ancor di più disorientato i lavoratori, dividendoli maggiormente nella loro condizione di precarietà.
Infatti, se da una parte c’è chi esulta per l’ennesima proroga, inneggiando ad una fantomatica “Legge Comito”, che assicurerebbe la tanto agognata stabilizzazione lavorativa, dall’altro ci sono lavoratori che non riescono a trattenere la loro frustrazione per lo stato di cose. Come fa Fortunato Greco, uno dei circa 70 lavoratori della legge 15, che non ha «vergogna» di mostrare la «rabbia, amarezza e delusione», di chi ha alle spalle oltre 20 di precarietà.
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