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Appello da ripetere per il reggente dei cutresi Carmine Sarcone

La decisione della Cassazione: è ritenuto il riferimento del clan Grande Aracri in Emilia

Carmine Sarcone

Processo d’appello da rifare per Carmine Sarcone, ritenuto dall’antimafia il reggente in Emilia della cosca Grande Aracri di Cutro. La Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza di secondo grado con la quale, il 3 novembre 2020, il 43enne originario di Cutro ma residente a Bibbiano, venne condannato a 9 anni di carcere per associazione ‘ndranghestistica e intestazione fittizia di beni aggravata dal metodo mafioso, nell’ambito di uno dei tanti rivoli giudiziari scaturiti dall’inchiesta “Aemilia”. Stessa decisione anche per Raffaele Tovino, 52 anni di Cesena, al quale la Corte d’Appello di Bologna inflisse 1 anno e 4 mesi di reclusione per trasferimento fraudolento di valori.
«La motivazione» della pronuncia di secondo grado, osserva il collegio presieduto da Rossella Catena, sulla «partecipazione di Carmine Sarcone alla cellula emiliana della ’ndrangheta cutrese insediata in Reggio Emilia e provincia», s’è preoccupata «di respingere le obiezioni» sollevate dalla difesa, in merito «all'attendibilità dei collaboratori di giustizia» Giuseppe Liperoti, Angelo Salvatore Cortese, Antonio Valerio, Salvatore Muto, Giuseppe Giglio, che hanno accusato l’imputato. «Ma nel far ciò», bacchetta la Suprema corte, «l'individuazione delle concrete condotte di partecipazione» di Sarcone al clan di Cutro trapiantato in Emilia e «la loro collocazione» temporale a partire dal 2004, s’è dispersa «in una congerie di dettagli» che ne hanno depotenziato «tenuta e rigore». Inoltre, sottolineano i giudici di ultima istanza, i fatti «che dovrebbero attestare» l’appartenenza di Sarcone al gruppo criminale attivo a Reggio Emilia, «mancano di un effettivo e critico vaglio» capace di indicare «oggettivamente» il «rapporto di stabile e organica compenetrazione» del 43enne nella cosca.

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