Il “modello Limbadi” clonato in Lombardia. Conoscenze e «strumentalizzazioni» avrebbero consentito al presunto gruppo – a capo del quale gli investigatori pongono Luigi Aquilano, genero del boss Antonio Mancuso (capo carismatico della “famiglia” e appartenente alla cosiddetta Generazione degli 11) – di farsi spazio nell’hinterland milanese e non soltanto, nonché di portare avanti lucrosi affari legati al narcotraffico. Il tutto facendo soprattutto leva sulla spendita del nome dei Mancuso, potente cosca di Limbadi.
Forzature di cui Luigi Aquilano, principale indagato e genero dello storico e anziano boss Antonio Mancuso, si sarebbe più volte servito anche se, nei suoi confronti, la famiglia della moglie avrebbe dimostrato una certa indifferenza. Emblematiche le parole di Luigi Mancuso, zio acquisito, detto il “Supremo” collocato dagli inquirenti ai vertici del Crimine, che rendono di più l’idea «dell’inconsistenza» della figura di Luigi Aquilano non considerato per nulla una preoccupazione in termini di contrasto con la cosca madre. Ebbene l’indiscusso boss riferendosi ad Aquilano avrebbe detto: «Io non ho niente da dirgli... questo nemmeno lo conosco... io non gli posso volere né bene e né male perché non lo conosco... non voglio di che sapere di queste tarantelle».
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