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Lamezia, monte ore ridotto di due terzi. La protesta degli infermieri Covid

In prima linea nell’emergenza pandemica e negli hub vaccinali si sentono messi da parte e temono per il loro futuro lavorativo

Gli infermieri precari Covid del lametino sul piede di guerra per il monte ore previsto nel loro nuovo contratto che è stato ridotto di quasi due terzi rispetto alle 35 ore della prima fase dell’emergenza.

«Noi “infermieri precari covid” - sottolinea Tecla Raco che parla per conto di tutti i suoi colleghi – abbiamo fronteggiato in prima linea il virus fin dalla sua comparsa, dapprima come infermieri scolastici, poi siamo stati dirottati presso gli hub: alcuni colleghi sono stati spostati di continuo da un Centro vaccinale all’altro percorrendo lunghe distanze con la propria auto, altri sono stati trasferiti presso altre strutture, altri ancora si sono ritrovati a dover lavorare in un pronto soccorso con contratto Co.Co.Co. Abbiamo dovuto mantenere il servizio vaccinale attivo 6 giorni su 7, sebbene con personale ridotto». L’excursus dell’instancabile attività di prima linea svolta contro il Covid-19 fa da contraltare alla delusione sua e di tanti suoi colleghi che lamentano nell’ultimo rinnovo del contratto lavorativo per altri due mesi e un monte orario drasticamente ridotto. Da 35 ore settimanali poi passate a 18 e ora addirittura a 12.

Una situazione che non fa altro che svilire dei professionisti che, dopo essersi spesi per la comunità, combattendo in tanti casi “a mani nude” e consentendo le vaccinazioni a un’utenza così vasta, dopo essere stati più volte definiti “eroi”, si trovano ora a sentirsi considerati quasi inutili: «Ora – racconta Tecla Raco – dobbiamo comunque mantenere il servizio attivo 6 giorni su 7, continuando a fare le vaccinazioni anche a domicilio, ma in 12 ore settimanali. Come sarà mai possibile? Questa è la ricompensa per aver lavorato anche fino alle 24, festivi inclusi, riuscendo a vaccinare oltre 1000 persone al giorno».

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