Pino Masciari, l’imprenditore e testimone di giustizia calabrese che da anni vive sotto scorta con la sua famiglia per aver denunciato i tentativi di estorsione della 'ndrangheta ai danni della sua azienda edile, sta meditando di rientrare in Calabria dopo la revoca delle misure di protezione annunciatagli dal Viminale. Le sue dichiarazioni hanno determinato pesanti condanne a carico dei capi delle più importanti «famiglie» mafiose calabresi.
«Alla luce della notifica del 15 ottobre scorso - scrive oggi - con cui il Prefetto di Torino mi ha comunicato che il Ministero dell’Interno - Dipartimento pubblica sicurezza - UCIS, ha avviato il procedimento per la revoca della scorta, non essendomi ad oggi pervenuta alcuna altra comunicazione, seppur consapevole dei tempi dell’iter amministrativo, prendo atto e subisco, dopo 25 anni di lotte e denunce, della netta volontà di revocare la scorta a me e alla mia famiglia.
Mi riservo in ogni caso di impugnare il provvedimento all’atto della sua notifica, qualora la decisione definitivamente assunta non fosse idonea a garantire la mia sicurezza e quella della mia famiglia».
Masciari, «a scanso di equivoci e possibili strumentalizzazioni», precisa che quella da lui posta «non è assolutamente una questione politica, né interessa determinazioni assunte dal nuovo governo, semmai è il governo uscente che avrebbe dovuto fornire spiegazioni in merito».
«Io che ho offerto la mia vita e quella della mia famiglia allo Stato, in difesa dei principi costituzionali, contribuendo a sdoganare il sistema ordito dalla 'ndrangheta e dalle sue collusioni con i poteri forti, radicato in tutti i livelli sociali e istituzionali - afferma Masciari - non posso ora essere considerato un peso e trattato come tale! Non è umanamente tollerabile! Mi hanno sfinito in tanti anni di continuo braccio di ferro per il riconoscimento dei miei diritti! Adesso non sento di avere più l’energia per contrastare decisioni che di fatto sono già state assunte, di lottare contro un muro di gomma impenetrabile che da anni non mi permette di guardare con serenità al mio futuro. Per questo dico: basta!».
Preso atto, dunque, della volontà di revoca della scorta «e subendo tale decisione, fortemente spinto dall’amarezza e dal dispiacere causato non solo da quest’ultima vicenda, ma logorato da 25 anni di deportazione e di incertezza del domani, sto meditando - fa sapere - in maniera seria e ponderata di compiere il gesto di rientrare in Calabria, di riprendere la mia vita, di muovermi in autonomia ovunque io voglia, con la determinazione di chi ha sempre lottato a difesa della propria libertà. E’ scontato che qualora mi dovesse succedere qualcosa riterrò - sottolinea - responsabili gli organi competenti e chi, avviando il procedimento di revoca della scorta, ha ritenuto che io non sia più in pericolo, effettuando una valutazione che si rivelerebbe evidentemente e palesemente errata rispetto la condizione della mia sicurezza».
«Oggi è il 2 novembre, aspettano che sia morto per celebrarmi?». Pino Masciari, l’imprenditore edile che, ribellandosi alla 'ndrangheta, ha fatto condannare i capi dei più importanti clan calabresi, lamenta l’isolamento in cui vive dopo che il ministero dell’Interno, tramite la prefettura di Torino, gli ha annunciato la revoca della scorta per lui e la sua famiglia. «Io - dice all’AGI - sono nato a Catanzaro, ma devo prendere atto del silenzio delle istituzioni della mia città e della mia regione. Cosa devo pensare? Che facciano tutti parte di un sistema? davanti alla criminalità organizzata non c'è possibilità di stare a guardare. O si sta da una parte o dall’altra. Io sono stato costretto - aggiunge - a rinunciare alla mia vita dopo le mie denunce, ora lo Stato mi abbandona. Dalle istituzioni calabresi e di Catanzaro - afferma - non mi aspettavo questo silenzio ma una presa di posizione netta sulla vicenda».
Oggi, intanto, alle ore 9.30, Masciari sarà ascoltato dalla Commissione consiliare Legalità del Comune di Torino. "In quella sede - annuncia - darò lettura e chiederò che vengano depositati agli atti i seguenti documenti: la notifica ricevuta dal Prefetto di Torino, le mie memorie presentate alla medesima Prefettura e il presente comunicato stampa, affinché vengano acquisiti dalla stessa Commissione e siano testimonianza di quanto sta accadendo e della pubblica manifestazione di quanto ingiustamente sto subendo».
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