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Catanzaro, il pm Riello racconta il riscatto della magistratura calabrese

Lettera aperta del sostituto procuratore in servizio presso la Dda di Catanzaro

Il pm Alessandro Riello

La nuova era della magistratura nel distretto di Catanzaro è raccontata in una lettera che il sostituto procuratore della Dda Alessadro Riello ha inviato alla Gazzetta del Sud. «Per la prima volta nella storia - sottolinea il pm Riello - ci sono tanti magistrati che non vivono l’essere stati destinati in questo distretto come una iattura, ma – pur nelle notorie disagiate condizioni ambientali ed i gravosi carichi di lavoro - come un’occasione per contribuire al riscatto certamente possibile di questa regione. Difficilmente, in passato, si era registrata una così diffusa ambizione da parte di magistrati, giovani ma non solo, a prestare servizio negli uffici giudiziari catanzaresi». I meriti di questa situazione secondo Riello «sono di quei magistrati che hanno saputo dare lustro effettivo all’esercizio della giurisdizione, esportando l’immagine veridica di un popolo non pigro e rassegnato, ma nel quale la voglia di riscatto si fonda finalmente sul necessario coagulo delle forze migliori che ci sono, e che finora erano state silenti e sostanzialmente clandestinizzate, sentendosi isolate e non incoraggiate». Non mancano certo le ombre, «questo distretto - scrive il pm - è stato però anche il teatro di condotte sconcertanti, tenute da titolari di incarichi direttivi e semidirettivi. Si tratta di fatti sottoposti al vaglio della giustizia penale e disciplinare, che hanno fondato provvedimenti di trasferimento d’ufficio ad altre sedi. Non entriamo nel merito delle accuse mosse che, laddove risultassero fondate, sarebbero davvero gravi e a dir poco imbarazzanti, oltre che offensive della dignità dei tanti colleghi che si lasciano guidare unicamente dal senso delle istituzioni, non immiserendo la propria funzione a suon di beghe personali, dispettucci e avvilenti condotte animate da convenienze private».
Per Riello è «finalmente ora che il distretto di Catanzaro si scrolli di dosso la nomea di contesto caratterizzato da patetici provincialismi dell’ambiente giudiziario, alimentati da pochi, ma non pochissimi, comportamenti di strumentalizzazione delle proprie funzioni. E, per carità, basta con quelle ricostruzioni secondo cui si derubrica l’accertamento di specifiche responsabilità a “faide” interne alla magistratura, a piccole cadute di stile, a peccati veniali. Qui si parla di avere o non avere il senso dello Stato». «Non è una questione meramente anagrafica - evidenzia Riello -. Sarebbe una lettura superficiale ed ingenerosa quella in base alla quale nel distretto si contrapporrebbero i giovani magistrati onesti e i più anziani corrosi da miserevoli personalismi. Anzi, l’esercizio sereno ed indipendente delle funzioni giudiziarie da parte di magistrati di prima nomina e l’efficace organizzazione degli uffici sono stati e sono tuttora spesso garantiti da colleghi di prim’ordine, principalmente – ma non solo – dirigenti di uffici giudiziari, che non possono essere in alcun modo confusi con coloro i quali si sono macchiati di gravi colpe». Il futuro di questo territorio, per il pm della Dda, «si misurerà anche sulla reale volontà dei magistrati di abbandonare finalmente logiche di appartenenza, e di capire che il problema non è nel voto in più raccattato per la competizione elettorale del momento, ma nella capacità di comprendere che la posta in gioco è la dignità della magistratura, l’affermazione dei diritti, un futuro da costruire con la coerenza e la limpidezza dei comportamenti. Fatti, non autocommiserazioni. Coerenza, non propaganda. Ricerca della verità, non pettegolezzi. In una parola - conclude Riello - serietà».

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