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A Lamezia, la ’ndrangheta si combatte anche a scuola: “Insegniamo da che parte stare”

I dirigenti scolastici favorevoli alla proposta lanciata dal sostituto procuratore Marisa Manzini. Molti Istituti già affrontano con gli studenti il tema della criminalità organizzata. La cultura si cambia dal basso: più se ne parla e più si abbatte il muro di omertà

Parlare di ‘ndrangheta all’interno delle scuole. Discuterne con i ragazzi in classe, fare i nomi degli ‘ndranghetisti e soprattutto conoscere la storia criminale della città. Solo così, parlandone e non ignorando un fenomeno che pervade la nostra terra, si riuscirà ad abbattere il muro dell’omertà. Una proposta, quella di parlare di mafia a scuola, lanciata dal sostituto procuratore presso la Corte d’Appello di Catanzaro Marisa Manzini, incontrando i giovani dell’Agesci e dell’Azione cattolica, esortandoli a non voltarsi mai dall’altra parte quando ci sono ingiustizie e soprattutto restare sempre dalla parte della legalità.
Ma cosa ne pensano i dirigenti scolastici di questa proposta? Il primo a rispondere è il dirigente dell’Istituto comprensivo “Perri-Pitagora” Giuseppe De Vita. «Quando ero insegnante di Lettere alla scuola media – spiega De Vita – parlavo spesso con i miei ragazzi di quanto avveniva intorno a noi. Ogni giorno portavo in classe la Gazzetta del Sud e leggevano le notizie di cronaca, così come era obbligatorio per i miei alunni guardare almeno un telegiornale al giorno, che poi commentavamo in classe». Oggi che è dirigente, la proposta la estende a tutto l’Istituto: «L’argomento si potrebbe introdurre all’interno del curriculo di Educazione civica, chiedendo ai docenti di soffermarsi maggiormente sul tema della mafia. Così come bisognerebbe incentivare gli incontri con personalità significative, che siano testimoni per i ragazzi. Solo parlando può cadere il muro dell’omertà».

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