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Isola Capo Rizzuto, le mani del clan sugli appalti ferroviari: chieste 14 condanne

Il procedimento della Dda di Milano contro alcuni imprenditori di Isola Capo Rizzuto considerati contigui alla ‘ndrina

Il tribunale di Milano

Da un lato c’è il sistema di «subappalti mascherati» che sarebbe stato messo in piedi dal gruppo Aloisio-Giardino, attivo tra Varese e Milano e che avrebbe coinvolto anche le grandi società appaltatrici italiane alle quali veniva fornita la manodopera da parte di aziende riconducibili agli uomini della cosca Arena-Nicoscia di Isola Capo Rizzuto. Dall’altro, gli operai che, reclutati dalla «Calabria Saudita», sarebbero stati costretti a lavorare in «condizioni di sfruttamento» per poi essere impiegati senza avere «alcuna competenza professionale».
Su questi due aspetti si è concentrata la sostituta della Dda di Milano, Bruna Albertini nella sua requisitoria davanti al giudice per le udienze preliminare del Tribunale di Milano, Luca Milani, dove è in corso il rito abbreviato del procedimento nato dall’inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia meneghina sulle presunte infiltrazioni del clan isolitano negli interventi di «armamento e manutenzione» appaltati in tutto il Paese da Rete ferroviarie italiane (parte offesa).
Al termine di due giorni di discussione, la pm ha chiesto la condanna di tutti i 14 imputati, con pene che oscillano da 2 a 8 anni di carcere. Associazione per delinquere, distruzione di documenti contabili, bancarotta fraudolenta e truffa, tutti reati aggravati dal metodo ‘ndranghetistico: sono queste le accuse che a vario titolo gravano sugli accusati.

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