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Catanzaro, minacce ai familiari per imporre il silenzio

Nuovi particolari dell’inchiesta che portato all’arresto di quattro persone accusate di violenza e tortura

«Se denunciate e ci arrestano gli amici fuori sanno cosa fare», è il clima di terrore e di omertà che il gruppo guidato da Vitaliano Costanzo avrebbe imposto sui cittadini del quartiere Gagliano. Gli atti dell'inchiesta che ha portato all'arresto di quattro persone (per i delitti di tortura, lesioni personali aggravate, sequestro di persona, violenza privata, detenzione illegale di arma comune da sparo, rapina, reati tutti aggravati dall’utilizzo del metodo mafioso) raccontano il tentativo di imporre il silenzio dopo la cieca violenza.

Vitaliano Costanzo e i suoi «scagnozzi», Riccardo Elia (31 anni), Luigi Pettinato (25 anni) e Francesco Squillace (54 anni), avrebbero torturato fino a ridurlo in fin di vita un giovane accusato di aver avuto una relazione con una ragazza sentimentalmente legata a Vitaliano Costanzo. Ma l'attività investigativa della Squadra Mobile ha ricostruito non solo le violenze ma anche le minacce subite dai familiari della vittima. Gli indagati si sarebbero dimostrati tanto spregiudicati da andare anche nel reparto dell’ospedale Pugliese per proseguire “l'interrogatorio” del giovane mentre si trovava ricoverato con il corpo martoriato. Ma già poche ore dopo la brutale aggressione Costanzo era stato chiarissimo con uno dei parenti del ragazzo che si era recato in un pub, luogo di ritrovo del gruppo, per chiedere spiegazioni: «Prima che andassi via dal locale mi è stato sottolineato di evitare assolutamente di denunciare quanto accaduto».

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