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L'«Olimpo» vibonese e quella casa al mare usata per i latitanti...

Emergono altri particolari su un immobile di lusso che si troverebbe in una zona poco frequentata e che avrebbe ospitato Giuseppe Mancuso

Una casa in campagna o un appartamento in un condominio? Nei primi giorni di settembre del 2018 questo interrogativo ritornava nelle conversazioni intercettate tra Antonio La Rosa e il padre Domenico, entrambi destinatari di ordinanza di custodia cautelare in carcere nell’ambito dell’operazione “Olimpo”. Secondo gli inquirenti sarebbero a capo della ‘ndrina di Tropea e proprio in quei giorni a uno dei loro uomini di fiducia, Gaetano Muscia (anche lui coinvolto nell’inchiesta) Tonino La Rosa aveva chiesto notizie circa l'eventuale disponibilità di «una casa fuori mano». A distanza di circa una settimana La Rosa parla con il padre di quel «figliolo» che si sarebbe «buttato latitante» da «due o più giorni», se non «da una settimana» e precisa di essere stato «interessato direttamente finanche nella stessa mattinata, lamentando il rischio al quale la vicenda avrebbe potuto esporli». Domenico La Rosa invita dunque il figlio a fare attenzione, temendo che la questione potesse far loro addirittura «perdere tutto», e lo invita a cercare una località di campagna, ma il figlio replica osservando che sarebbe stato ancora meglio trovare una «famiglia pulita» all'interno di un condominio così ci sarebbe «qualcuno che gli può dare da mangiare».
Dalle conversazioni intercettate emerge la necessità di «tenere ad uno una mesata...» e anche lo spessore del soggetto da “ospitare”, indicato come «un pezzo di quelli buoni». Tonino La Rosa viene quindi intercettato mentre chiede a un soggetto non meglio identificato «la chiave», ricevendo la risposta che si doveva aspettare ancora qualche giorno perché ci sarebbe stata la visita del proprietario, per il quale questo soggetto stava ultimando i lavori di rifacimento di un pavimento.

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