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Naufragio a Cutro, il comandante della Capitaneria: "Si poteva intervenire"

«Quel giorno c'era mare forza quattro, non sei o sette. Le nostre motovedette avrebbero potuto navigare anche con mare forza otto». Lo ha detto il comandante della Capitaneria di porto di Crotone Vittorio Aloi fermandosi con i cronisti mentre questa mattina faceva ingresso alla camera ardente per le vittime del naufragio di migranti davanti alla costa crotonese. Con queste parole l’ufficiale ha fatto intendere che l’invio di mezzi di soccorso al barcone che si trovava a 40 miglia dalla costa crotonese sarebbe stato possibile anche con quelle condizioni meteo marine. Sul motivo per il quale le motovedette della Guardia costiera non siano uscite in mare per soccorrere i migranti il comandante Aloi spiega: «bisogna riferirsi ai piani operativi, agli accordi ministeriali che ci sono...».

"Perché non siamo usciti? Regole complesse"

«Perché non siamo usciti? Non è così il discorso. Dovreste conoscere i piani, gli accordi che ci sono a livello ministeriale. Le nostre regole di ingaggio sono una ricostruzione molto complessa non da fare per articoli di stampa. Ci sarebbe bisogno di specificare molte cose su come funziona il dispositivo per il plottaggio dei migranti, da che arrivano nelle acque territoriali a che poi debbano essere scortati o accolti: le operazioni le conduce la Gdf finché non diventano Sar. In questo caso la dinamica è da verificare». L’ufficiale ha quindi confermato la circostanza, riportata in una nota ufficiale della Capitaneria di Porto italiana, secondo cui la prima segnalazione di allarme per la barca di migranti è giunta alla Guardia costiera alle 4,30 del mattino di domenica scorsa, a naufragio già avvenuto.

Omissione di soccorso? "Non so se c'è inchiesta, sono provato"

«Non so se sia stato aperto un fascicolo per omissione di soccorso. Bisognerebbe chiederlo al procuratore della Repubblica di Crotone» ha detto il comandante della Capitaneria di porto di Crotone Vittorio Aloi. «Adesso c'è una intricata ricostruzione dei fatti da fare, noi come Guardia costiera siamo strumento della magistratura, quando ci chiameranno riferiremo all’autorità giudiziaria la nostra versione dei fatti», ha aggiunto. Aloi ha quindi detto di essere amareggiato: «Ne puoi salvare centomila ma poi un solo bambino o una famiglia che non riesci a salvare ti fa sembrare inutile il tuo lavoro. Crediamo di aver far operato anche in questo caso secondo le regole d’ingaggio. Sono provato da questa vicenda ma professionalmente mi sento a posto».

Il pm ancora non ha chiesto materiale

«C'è un’inchiesta della Procura ma non riguarda noi, riguarda in generale l’andamento dei fatti. Se e quando saremo chiamati a dare la nostra versione, atti alla mano, brogliacci di telefonate, comunicazioni che ci sono state, noi riferiremo. Per ora non ci è stato chiesto materiale né siamo stati convocati. C'è tutta unaltro genere di attività in questo caso in corso da parte dell’autorità giudiziaria e di polizia e quindi questa cosa ormai verrà fatta sicuramente ma prossimamente. Una segnalazione nostra di distress 24 ore prima? Non mi risulta si trattasse di distress» ha concluso Aloi.

 

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