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Omicidio Vona a Crotone: rigettata la richiesta di sentire il collaboratore Iaquinta

Decisione della Corte d’assise d’appello al processo Eleo contro la cosca di Petilia Policastro

Niente da fare. Salta la testimonianza del collaboratore di giustizia Domenico Iaquinta, già esponente della cosca Bagnato di Roccabernarda, nel processo di secondo grado di rito abbreviato nato dall’inchiesta “Eleo” con cui - il 25 gennaio 2021 - Dda di Catanzaro e carabinieri smantellarono la cosca di Petilia Policastro attiva anche a Cotronei.
La Corte d’Assise d’appello ha rigettato la richiesta della Procura generale di ascoltare il pentito sull’omicidio di Massimo Vona, detto “Malutiempu”, avvenuto il 30 ottobre 2018 a Petilia. In questo modo, rischia di indebolirsi la tesi dei pm dell’antimafia che avevano impugnato l’assoluzione in primo grado di Rosario Curcio, alias “Pilurussu” - ritenuto il reggente del clan petilino - dall’accusa di essere stato il mandante dell’assassinio del 44enne (il cui corpo non è mai stato ritrovato) alla luce delle nuove rivelazioni rese da Iaquinta. Infatti, ad indurre la Dda a rivedere la propria posizione su “Pilurussu” - condannato dal giudice per le udienze preliminari a 8 anni e 8 mesi di carcere “solo” per estorsione - erano state le dichiarazioni rilasciate il 28 settembre 2022 dal collaboratore sul delitto di lupara bianca: «Vona era un soggetto che intendevano eliminare», riferì il pentito. Per poi aggiungere: «Posso dire per esperienza che un omicidio del genere non poteva avvenire sul territorio senza, quanto meno, il permesso del capo locale di Petilia che in quel periodo era Rosario Curcio».
Di qui il ricorso della Procura antimafia di Catanzaro contro l’assoluzione di Curcio dal suo presunto coinvolgimento nell’uccisione di “Malutiempu” che - per gli inquirenti - venne freddato con due colpi di fucile da Pierluigi Ierardi (imputato in Assise in un procedimento parallelo). «Massimo Vona – spiegò Iaquinta – era un uomo molto intelligente e dedito a commettere piccoli reati sul territorio, in particolare in materia di armi e stupefacenti». Illeciti, questi, che la vittima «commetteva senza il permesso del capo di Petilia Policastro, che da ultimo era Rosario Curcio», e questo «non veniva ben visto dal gruppo criminale petilino».

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