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Vibo, l'omicidio De Pietro a Piscopio: assolti Michele Fiorillo e Rosario Battaglia

L’accusa non regge davanti alla Corte d’Assise. L’agguato nel 2005 a Piscopio. Denunciato per calunnia il pentito Andrea Mantella

Un altro “cold case” che era stato riaperto dopo anni resta, almeno per il momento, senza colpevoli. La Corte d’Assise di Catanzaro ha infatti assolto per non aver commesso il fatto due imputati per l’omicidio di Antonio De Pietro, impiegato dell’Ufficio provinciale del Lavoro di Vibo ucciso davanti al cimitero di Piscopio l’11 aprile del 2005. Il pm della Distrettuale antimafia Andrea Buzzelli, al termine della sua requisitoria, aveva chiesto l’ergastolo per Michele Fiorillo, alias “Zarrillo” (difeso dall’avvocato Diego Brancia) e Rosario Battaglia, detto “Sarino”, (difeso dagli avvocati Salvatore Staiano e Walter Franzé). Ma la Corte presieduta dal giudice Alessandro Bravin li ha assolti entrambi. Per Fiorillo è stata disposta l’immediata scarcerazione, non essendo detenuto per altre cause. La difesa di quest’ultimo ha anche depositato una denuncia per calunnia aggravata nei confronti del pentito Andrea Mantella.

È invece al vaglio del Tribunale dei minorenni la posizione di un terzo imputato, Rosario Fiorillo, detto “Pulcino”, che all’epoca dell’omicidio aveva quindici anni. Secondo la ricostruzione della pubblica accusa De Pietro sarebbe stato ucciso perché amante della madre di quest’ultimo. Il movente, sempre stando alle indagini, sarebbe stato anche economico perché a causa della relazione la donna avrebbe dilapidato i risparmi di famiglia. Secondo quanto ricostruito dalla Squadra Mobile di Vibo, l’uomo sarebbe stato indotto a recarsi al cimitero della frazione alle porte del capoluogo con la richiesta di accompagnare “Pulcino” a fare visita alla defunta nonna. Una volta attirato nella trappola sarebbe poi scattato l’agguato in cui è stato ucciso con almeno cinque colpi di pistola da distanza ravvicinata. Il suo corpo fu ritrovato a bordo di un’auto nei pressi dell’ingresso del cimitero.

Poco dopo l’omicidio la Procura di Vibo aveva disposto il fermo di sei indagati, ma il provvedimento non fu convalidato dal giudice che non ravvisò per tutti la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza. Sedici anni dopo il caso era stato riaperto dalla Dda guidata da Nicola Gratteri anche sulla base delle dichiarazioni dei pentiti Raffaele Moscato, già intraneo proprio al clan dei Piscopisani, e dell’ex boss vibonese Andrea Mantella. Moscato in un verbale ha sostenuto che «Rosario Fiorillo aveva intenzione di uccidere la propria madre, evento che non si verifica unicamente per intercessione di Rosario Battaglia, in quanto come regola, non si ammazzano le mamme». L’impalcatura accusatoria si basava sull’ipotesi che i tre avrebbero pianificato e attuato concretamente l’agguato, ma per Michele Fiorillo e Rosario Battaglia la Corte non l’ha ritenuta valida assolvendo entrambi. Tra 90 giorni si conosceranno le motivazioni della sentenza.

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