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Vibo, il racconto di Megna: «Io capo cella perchè ero dei Mancuso»

Il “papillon” ricevuto da Pontoniero che lo investì del comando

Una volta, quando un detenuto che «stava in posizione di comando nella cella» si apprestava a tornare in libertà, lasciava «un fiore» ad un altro passandogli così il testimone di «capo cella». Ora pare che quel termine non si usi più: il neo pentito Pasquale Alessandro Megna, 38enne di Nicotera arrestato a gennaio per l’omicidio di Giuseppe Muzzupappa, parla invece del “papillon” che lui avrebbe ricevuto quando era in carcere in virtù della sua vicinanza al clan Mancuso. C’è anche questo dettaglio tra i suoi primi verbali depositati nel processo “Rinascita Scott” e riferiti ad 11 interrogatori resi tra febbraio e aprile di quest’anno e ancora ampiamente omissati.
Il collaboratore di giustizia dice di aver avuto un compagno di cella che «parlava molto» e che gli aveva spiegato del “papillon” in riferimento a un detenuto che identifica come Antonio Pontoriero, condannato a 22 anni per l’omicidio di Soumaila Sacko all’ex “Fornace Tranquilla” di San Calogero. Era Pontoriero, almeno stando a quanto avrebbe detto il compagno di cella, ad avere in quel momento il “papillon”, ma siccome doveva essere trasferito dopo la condanna diventata definitiva, questi avrebbe indicato proprio Megna, che lo conosceva già da prima che fossero arrestati, come destinatario del comando. «Dopo il mio arresto – racconta il pentito – era trascorsa appena una settimana che già tutti i detenuti venivano a chiedermi l’autorizzazione per qualunque cosa». «Non ero il più anziano e non ero detenuto lì da tanto tempo – osserva – quindi penso che mi abbiano detto che dovessi avere io il “papillon” per via della mia appartenenza e quindi per la famiglia Mancuso».
«A casa di Peppe Broglia quando Peppe era arrestato era Francesca a dirigere tutto, lei e suo marito ne hanno combinate tragedie». Megna fa diversi riferimenti al ramo “Mbrogghia” dei Mancuso ed evidenzia più volte il ruolo della figlia del boss, poi tornato in libertà a novembre del 2021. Il pentito porta ad esempio una «mangiata» in un terreno di sua proprietà: «Eravamo in tanti con le famiglie abbiamo cantato e ballato». Poi qualcuno postò una foto su Facebook e una persona che era lì presente «ha fatto un casino» perché «aveva paura che la vedesse Franca perché con noi era nemica».

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