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Criminalità rom a Catanzaro: liquori, profumi e telefoni cellulari nelle celle di Siano

Nuovi particolari dalle carte dell’inchiesta sulla criminalità rom. La pentita Cerminara: era coinvolta anche un’assistente sociale

Alcolici, profumi, ma anche telefoni cellulari ma soprattutto messaggi e pizzini. Nel carcere di Siano c’era più di un canale per far arrivare ai detenuti tutto ciò che volevano. L’inchiesta che ha portato all’arresto di 62 persone affiliate alla criminalità rom di Catanzaro ha fatto emergere uno spaccato inquietante di quanto sarebbe avvenuto al di là delle sbarre dell’istituto penitenziario. Tra gli arrestati c’è Domenico Sacco, 57 anni, agente penitenziario in servizio nel carcere di Siano. Per i pm della Dda «le plurime evidenze raccolte danno atto di fatto che questi fosse una persona pronta, in cambio di remunerazioni, a favorire i detenuti. Rispetto alla organizzazione - aggiungono i magistrati - ha recato un contributo rilevante, assicurandone la sua vitalità».
Dell’agente aveva parlato già nel marzo 2016 il collaboratore di giustizia Santo Mirarchi. In un verbale aveva raccontato che, «durante un periodo di carcerazione patito presso la Casa circondariale di Catanzaro, il Sacco lo avrebbe agevolato, nel quadro di rapporti illeciti con esponenti della criminalità organizzata, facendogli entrare un telefono cellulare in cambio di euro 200». Identico racconto lo aveva fatto anche la collaboratrice di giustizia Annamaria Cerminara. Agli inquirenti infatti aveva parlato di un agente della Penitenziaria che «tende ad aiutare i detenuti facendo uscire ambasciate, consegnando loro bottiglie di liquori e facendo altri favori, quali la introduzione di pennette video. Inoltre se qualche detenuto ha un atteggiamento strano che lasci presagire la sua intenzione di pentirsi e che per l'effetto venga messo in isolamento.

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