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Crotone, il pentito Gaetano Aloe racconta le collusioni tra la politica e il clan

Ha parlato coi magistrati della Dda delle presunte ingerenze del clan Farao-Marincola di Cirò nella politica locale

Gaetano Aloe

«La cosca cirotana, ha sempre controllato le elezioni a Cirò e Cirò Marina». È un fiume in piena il neo collaboratore di giustizia, Gaetano Aloe di 45 anni. Dopo le esternazioni sull'omicidio di Vincenzo Pirillo del 2007, il pentito figlio del capobastone Nik Aloe assassinato nel 1987, condannato a 13 anni e 4 mesi nell’appello abbreviato di "Stige", ha parlato coi magistrati della Dda delle presunte ingerenze del clan Farao-Marincola di Cirò nella politica locale. «I contatti con gli aspiranti sindaci e canditati – si legge nelle dichiarazioni rese il 14 aprile scorso al pm della Dda di Catanzaro, Domenico Guarascio, e che ieri sono state depositate nel processo d'appello di rito ordinario a carico di 53 imputati nato dal blitz "Stige" – venivano gestiti dai vertici della cosca nelle persone di Pino Sestito, Salvatore Morrone e Vittorio Farao figlio di Silvio».
Aloe fa riferimento a quanto sarebbe accaduto a Cirò Marina, dove la “locale” di ‘ndrangheta avrebbe prima «sostenuto le elezioni dei membri della famiglia Siciliani», in particolar modo di Roberto Siciliani (condannato a 8 anni nell'appello abbreviato di "Stige").

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