La città lentamente si spegne sotto il peso di debiti ventennali e di un disavanzo ormai cronico: aumentano le aliquote, a cominciare dall’addizionale Irpef, viene aggiornato nettamente al rialzo il canone idrico. Ma la politica continua ad occupare beatamente le sue poltrone, senza sottoporsi ad alcuna forma di sacrificio e godendo di indennità che, in uno stato di siffatta calamità, appare spropositata rispetto ai risultati conseguiti. C’è un Consiglio comunale, quello di palazzo “Luigi Razza”, che produce poco o nulla, raccogliendo, da oltre un anno a questa parte, decisamente più di quanto mette sul piatto della bilancia ad una città oberata di tasse e condizionata da enormi disservizi.
Fino a due anni addietro, i gettoni di presenza per gli eletti, potevano essere cumulati fino ad un massimo di 929 euro, poi, con l’aumento legittimo delle indennità di sindaca e assessori, è stato possibile elevare tale somma fino a 1.598 euro, a parità di sedute.
Questo significa che, sebbene non sia da tempo più chiaro – per ragioni di privacy o forse di pudore – quanto percepisca ciascuno dei trentadue eletti, dagli atti ufficiali dell’ente è ancora possibile dedurre quanto costi per intero il Consiglio. E non sono noccioline. Tutt’altro. La spesa, infatti, dai 25mila euro mensili è schizzata a 38-40mila euro. Facendo due calcoli e non serve per questo una cattedra universitaria, in un anno, il solo Consiglio comunale costa mezzo milione di euro, rispetto ai 300mila euro che, pressappoco, si elargivano prima che arrivassero gli aumenti.
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