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Rocca di Neto, la Dda invoca il processo per 33 persone legate ai clan

Il procedimento scaturito dal blitz dello scorso dicembre contro la cosca Corigliano-Comito. La ’ndrina sarebbe stata capace di estendere i tentacoli fino agli Usa

«Gli imputati devono andare a processo». La Dda di Catanzaro ha chiesto il rinvio a giudizio delle 33 persone coinvolte nell’inchiesta contro la cosca Corigliano-Comito di Rocca di Neto. L'istanza firmata dai sostituti procuratori Paolo Sirleo e Domenico Guarascio è stata depositata nella cancelleria del giudice per le udienze preliminari distrettuale. Gli accusati devono rispondere, a vario titolo, di associazione ’ndranghetistica, narcotraffico, spaccio, estorsioni e armi. L'operazione - scattata il 19 dicembre 2022 con 18 fermi eseguiti dai poliziotti della Squadra mobile di Crotone - ha sgominato la ’ndrina di Rocca di Neto capeggiata dal presunto boss Pietro Corigliano che, secondo gli inquirenti, sarebbe stata capace di allungare i propri “tentacoli” anche negli Stati Uniti.
Le indagini, infatti, presero a marzo 2020 in seguito ad un’informativa dell’Fbi sulle ipotizzate estorsioni che alcuni esponenti dell’organizzazione criminale rocchisana avrebbero perpetrato ai danni dei locali di Manhattan. Per la Procura antimafia di Catanzaro, nel core business dei Corigliano-Comito sarebbero rientrate le richieste di “pizzo” con le quali venivano vessate cliniche private, aziende agricole e attività commerciali. Questo il “modus operandi” del giro estorsivo descritto dai magistrati: il «versamento» di denaro - che in alcuni casi arrivava a toccare i 2mila euro mensili - «avveniva attraverso un meccanismo ben oliato, in forza del quale, non appena le vittime erano pronte a versare la somma, queste ultime contattavano direttamente i Corigliano, dissimulando un ordinativo di cornetti» ad un bar riconducibile alla cosca.

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