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Catanzaro, corruzione nelle aule di giustizia: «Petrini promise di intervenire»

Le motivazioni con cui la Corte d’appello di Salerno ha confermato la condanna per il giudice

Petrini e Santoro

L’allora presidente di sezione della Corte d’Appello di Catanzaro Marco Petrini aveva «assunto il preciso impegno di “ingerirsi” nel processo, pendente innanzi al collegio giudicante per “aggiustarlo”, dietro pagamento o promessa di pagamento». È uno dei passaggi delle motivazioni della sentenza con cui la Corte d’Appello di Salerno ha confermato la pena di 4 anni e 4 mesi per l’ex giudice, difeso dall’avvocato Francesco Calderaro, di 3 anni e 2 mesi nei confronti del medico/faccendiere e collettore di proposte corruttive Emilio Santoro, detto Mario – difeso dall’avvocato Michele Gigliotti – e la conferma della sentenza a un anno e 8 mesi nei confronti dell’avvocato Francesco Saraco, difeso dagli avvocati Giuseppe della Monica e Nico d’Ascola.
Al centro della vicenda c’è il presunto interessamento del giudice per il procedimento Itaca Free Boat che vedeva tra gli imputati Antonio Saraco, padre dell’avvocato Francesco Saraco. Il fatto che Petrini, è scritto nelle motivazioni della sentenza, non sia poi materialmente intervenuto nella vicenda «non ne consente la derubricazione» da corruzione in atti giudiziari a traffico di influenze illecite. «È bene a tale riguardo rilevare – è scritto nella sentenza – che l’imputato Francesco Saraco, per il tramite di Emilio Santoro che avrebbe fatto da intermediari, «aveva promesso e anche di fatto elargito somme di denaro a Petrini, al fine di ottener il compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio». Per i giudici campani non vi sono dubbi: «L’accordo corruttivo si è concluso avendo Petrini accettato la promessa e ricevuto anche parte del denaro in cambio del compimento di un atto contrario al suo ufficio». Sul ruolo del coimputato Francesco Saraco la Corte salernitana ha sostenuto che «non si nega che Francesco Saraco abbia preso parte all’accordo corruttivo per evitare il carcere al genitore Antonio Saraco, ma va la contempo evidenziato come lo stesso Saraco spingesse per l’assoluzione del genitore nel merito del processo anche perché in tal modo sarebbe venuto meno il sequestro e la confisca dei beni».

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