Taciturne, svettano superbe, nell’azzurro di un cielo limpido e sulla sommità del rione S. Teodoro, le rovine del Castello Normanno-Svevo di Lamezia Terme. Nicastro si apre timida, da qui, bella più che mai, attraverso una verde bocca ridente, il Calvario, da un lato, il bosco di S. Antonio, dall’altro. Più che una veduta, più che un paesaggio, la sensazione è quella di certa ricchezza “etica”, oltre che estetica, perché questo è un punto di vista antico, il vero cuore di Nicastro.
Per i residenti del quartiere, poi, un “Campanile di Marcellinara”, per dirla alla De Martino, una certezza identitaria che dà senso alle origini e concretizza la memoria. Un punto di vista, comunque, ormai dimenticato da troppo tempo e, purtroppo, ancora lontano dall’essere restituito alla cittadinanza. Era il 2017 quando si predispose la chiusura al pubblico per problemi di sicurezza. Ma, con buona pace delle logiche economicistiche e turistizzanti (che non mancano in città, si fanno sentire per bocca di politici, amministratori, associazioni), la tutela viene prima di qualsiasi valorizzazione. Intanto la ripulita. I ruderi del Castello sono stati rimessi a nuovo grazie ai lavori di Calabria Verde, partiti fin dal 22 giugno e che dovrebbero concludersi questo venerdì. È stato un nuovo protocollo d’intesa sottoscritto tra il Segretariato Regionale del MiC per la Calabria e l’azienda in house, con la partecipazione diretta dei Comuni, a renderlo possibile. «Un lavoro enorme che ha restituito decoro anche ai siti non fruibili e che non avrebbe potuto essere realizzato senza la dedizione e l’impegno di Maria Grandinetti, presidente della IV commissione consiliare», sottolinea Giorgia Gargano, assessora alla Cultura di Lamezia Terme.
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