Sono diventate definitive le condanne a 13 anni di carcere che la Corte d'Appello di Catanzaro, il 14 luglio 2021, inflisse a ciascuno dei fratelli Antonio e Giuseppe Gentile di Isola Capo Rizzuto, al centro del troncone processuale di rito ordinario nato dall'inchiesta “Tisifone” coordinata dalla Dda di Catanzaro. La Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi avanzati dalle difese degli imputati che chiedevano l’annullamento della sentenza di secondo grado che confermò le pene comminate dal Tribunale di Crotone il 23 ottobre 2020.
I Gentile sono stati riconosciuti responsabili di associazione ’ndranghetistica, oltre che di detenzione e porto illegali di armi e di ricettazione di un’auto rubata, tutti reati aggravati dalla finalità mafiosa. Invece, l’1 dicembre 2022, la Suprema Corte, rendendo irrevocabili 15 condanne, mise il sigillo sul procedimento derivante dal giudizio abbreviato. L’operazione “Tisifone”, venuta alla luce il 20 dicembre 2018 con 23 provvedimenti di fermo eseguiti dai poliziotti della Squadra mobile di Crotone, sventò una «guerra di mafia» che da lì a breve sarebbe scoppiata nella provincia pitagorica. Le indagini dimostrarono che - saltata la “pax” sancita nel 2006 con gli introiti che garantiva il Centro d’accoglienza per migranti di località Sant’Anna dopo gli arresti scattati a gennaio 2017 con l’inchiesta “Jonny” - sorsero una serie di contrasti interni alle cosche di Isola Capo Rizzuto: da una parte i Capicchiano capeggiati da Salvatore Capicchiano (condannato nell’abbreviato di “Tisifone” a 10 anni e 8 mesi di reclusione), dall’altro le famiglie Nicoscia-Arena-Gentile guidate dal 46enne Antonio Nicoscia (per lui nuovo appello dopo i 10 anni 8 mesi del primo processo di secondo grado), «desideroso di partecipare all’affare del gaming» dei Capicchiano.
Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Calabria
Caricamento commenti
Commenta la notizia