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Incendio di rifiuti nel campo rom di Lamezia, un problema rimasto irrisolto

L’ennesimo incendio dimostra come Scordovillo sia un luogo dove tutto è lecito

L’ennesimo rogo avvenuto due giorni fa a Scordovillo ripropone il problema del campo rom e soprattutto il suo “stare” accanto all’ospedale “Giovanni Paolo II”. Il forte odore acre che si propaga quando i rom incendiano i rifiuti a Scordovillo va infatti a finire direttamente in ospedale. Non solo nei reparti e nelle zone comuni, ma anche nelle sale operatorie, al punto che in più occasioni è stato necessario chiudere le sale proprio perché l’aria era diventata irrespirabile. Quando infatti fuori i rom (o gli “italiani”) bruciano rifiuti o sterpaglie per ripulire giardini, il fumo si incanala nelle condotte dell’aria dell’ospedale, andando a finire direttamente nei reparti e anche nelle sale operatorie, creando quindi tanti disagi non solo ai pazienti ma anche al personale sanitario presente nel nosocomio.
L’ennesimo rogo, avvenuto in piena estate, dimostra come ancora le Istituzioni e lo Stato non siano state in grado di risolvere un problema ormai decennale. Tutte le amministrazioni comunali che si sono succedute negli anni hanno sempre promesso di risolvere, tra i primi problemi, proprio quello del campo rom, con il suo smantellamento. L’ultimo in ordine di tempo è stato il sindaco Mascaro che aveva promesso di smantellare la baraccopoli in pochi mesi. A quella promessa si era aggiunta anche quella del deputato della Lega Domenico Furgiuele, che aveva annunciato anche ingenti fondi del ministero per bonificare l’intera area. Ma ad oggi nulla è stato fatto.

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