Il Consiglio di Stato ha sospeso un’interdittiva antimafia con la quale il prefetto di Crotone, nel febbraio scorso, aveva negato ad un’impresa di Cutro operante a Reggio Emilia nel settore dei trasporti l’iscrizione nella «white list» per l’ottenimento di autorizzazioni e licenze da parte della pubblica amministrazione. Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso dell’azienda evidenziando che la decisione prefettizia si fondava su dati «privi dei requisiti di specificità e concretezza che devono assistere una plausibile prognosi interdittiva».
Nello specifico, la terza sezione del Consiglio di Stato ha ribadito il principio che i soli rapporti di parentela con soggetti controindicati non sono sufficienti a far ritenere possibile il condizionamento, neppure se assimilati al dato territoriale che l’impresa abbia una sede locale in provincia di Reggio Emilia, in un territorio sottoposto al raggio operativo della consorteria criminale. Il Consiglio di Stato ha così riaffermato che le interdittive antimafia, per quanto basate su una valutazione probabilistica, devono essere fondate su elementi precisi e concordanti, ribadendo che i semplici rapporti di parentela o il contesto territoriale di operatività sono dati neutri.
«Le interdittive - commenta l’avvocato Gaetano Liperoti che ha assistito l’impresa di Cutro - sono efficaci strumenti di prevenzione antimafia, assicurando la massima anticipazione della tutela nell’obiettivo di garantire l’impenetrabilità dell’amministrazione pubblica. Proprio per questo, la loro adozione dev'essere presidiata dalla valutazione di specifiche condotte dei destinatari, non potendo essere sufficiente il binomio territoriale Calabria/Emilia Romagna per dedurre la possibilità del condizionamento».
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