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'Ndrangheta nel Vibonese, Maria Chindamo uccisa per interessi e ‘onore’. Il fratello Vincenzo: “Oggi c'è profumo di giustizia nell'aria”

L'indagato avrebbe manomesso il sistema di videosorveglianza della propria abitazione di campagna limitrofa al luogo del delitto, di fatto agevolando gli autori materiali. Ne avrebbe inoltre distrutto il cadavere, dato in pasto ai maiali e i cui resti ossei venivano triturati con la fresa di un trattore

Maria Chindamo

Nell'ambito dell'operazione "Maestrale Carthago" - condotta dalla procura guidata da Nicola Gratteri con il supporto del Reparto Crimini Violenti del ROS - grazie alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia è stato possibile far luce sull’omicidio di Maria Chindamo, uccisa a Limbadi il 6 maggio 2016. Vengono contestati a un indagato, Salvatore Ascone (il cui nome era già  venuto fuori dal racconto di alcuni pentiti) una serie di delitti tra i quali la partecipazione all’associazione mafiosa riconducibile alla cosca Mancuso, reati in materia di armi e stupefacenti, diverse estorsioni per l’accaparramento di fondi agricoli, nonché l’omicidio, in concorso con altri due soggetti (di cui uno deceduto e uno all’epoca dei fatti minorenne) di Maria Chindamo.

Il movente: interessi e "sentimenti"

Secondo l'ipotesi dell'accusa, l'omicidio fu commesso a seguito del suicidio del marito di Chinadamo, Vincenzo Puntoriero (avvenuto l'anno precedente, in data 8 maggio 2015), per punire la donna a seguito della recente relazione sentimentale istaurata con un altro uomo, venuta alla luce con la prima uscita pubblica della coppia appena due giorni prima dell'omicidio, oltre che per l’interesse all’accaparramento del terreno su cui insiste l’azienda agricola divenuta nel frattempo di proprietà esclusiva della Chindamo e dei figli minori.

Il sistema manomesso e la distruzione del cadavere

In particolare all’indagato, già in arresto dal mese di maggio per il reato di associazione di stampo mafioso, viene contestato di avere dato un contributo causale significativo alla consumazione del fatto omicidiario, attraverso la manomissione del sistema di videosorveglianza della propria abitazione di campagna limitrofa al luogo del delitto, di fatto agevolando gli autori materiali del sequestro e dell’omicidio della donna, nonché per avere distrutto il cadavere della donna il cui corpo, sulla scorta della ricostruzione fornita dai collaboratori di giustizia, veniva dato in pasto ai maiali e i cui resti ossei venivano triturati con la fresa di un trattore.

«Oggi l’aria ha il profumo della giustizia»

«Oggi l’aria ha il profumo della giustizia». Lo ha detto Vincenzo Chindamo, fratello dell’imprenditrice scomparsa il 6 maggio del 2016 a Limbadi e della quale ne è stata accertata l'uccisione. «Aspettiamo di leggere attentamente gli atti di questo segmento di indagine - ha aggiunto - ma un dato mi preme subito rilevare: avere perseguito per tutti questi anni la ricerca della verità sull'uccisione di mia sorella alla fine ha dato risultati. Non ho mai smesso di credere nell’operato della magistratura, anche quando ci poteva essere qualche momento di sconforto. E quanto è emerso oggi premia quella perseveranza. Attendiamo adesso che anche l’ultima responsabilità a carico delle persone coinvolte nell’omicidio venga cristallizzata. E sono certo che alla fine anche questo avverrà, anche se ci vorrà del tempo. La 'ndrangheta e la subcultura di 'ndrangheta, se ancora fosse necessario ribadirlo, sono retrograde e perdenti, mentre la bellezza e il sorriso di Maria, pur tra le nuvole, splendono ancora».

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