Il Piano di riequilibrio finanziario pluriennale. È il “talismano” del quale la politica da almeno 10 anni si riempie la bocca in quel di Vibo Valentia. Indubbiamente, nell’ormai lontano 2013, quando una parte dell’allora centrodestra non lo votò mandando la città in dissesto in virtù di uno scontro politico tra parti contrapposte, avrebbe davvero potuto evitare il primo dissesto finanziario dal quale il capoluogo tirrenico è uscito - udite udite - otto anni dopo, ovvero, nel dicembre 2021. Ma il piano di riequilibrio non era stato messo nel dimenticatoio definitivamente. Tanto che nel 2019 - al riemergere di un nuovo significativo disavanzo, in gergo “buco” - l’allora commissario straordinario Giuseppe Guetta decise di optare nuovamente per tale misure, pure essendo la città ancora dentro il default.
In un primo momento venne strutturato per recuperare un debito pari a 19.5 milioni di euro che - già all’atto dell’insediamento della nuova amministrazione - con una delibera di Consiglio dell’agosto 2019, erano diventati 24 milioni. E da lì a qualche mese sarebbero lievitati fino a quando il Consiglio avrebbe riconosciuto un disavanzo di 34.6 milioni di euro. Insomma, l’Ente viaggiava spedito verso il secondo dissesto senza che nemmeno fosse ancora stato chiuso il primo. Infatti, L’Osl - Organismo straordinario di liquidazione - continuava a lavorare e a costare alla città una cifra tutt’altro che secondaria. Tra compensi, rimborsi e viaggi, si è ampiamente superato il milione di euro. Ma questa è un’altra storia.
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