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Crotone, il clan Megna voleva mettere le mani sul complesso turistico “Casa Rossa”

L’inchiesta “Glicine-Acheronte” ha rivelato la pervasività della cosca

La cosca Megna di Papanice era pronta a mettere le mani anche sullo stabilimento turistico "Casarossa" di Crotone. Emerge anche questo particolare dalla carte dell'inchiesta "Glicine Acheronte" coordinata dalla Procura antimafia di Catanzaro che, lo scorso 27 giugno, è venuta alla luce con 43 misure cautelari eseguite dai carabinieri del Ros. L'operazione ha consentito da un lato di mettere all'angolo il clan capeggiato dal boss Mico Megna, dall'altro di disarticolare il presunto comitato d'affari che avrebbe influenzato le istituzioni pubbliche per finalità elettorali.
Ebbene, nel corso delle indagini, come scrivono in una loro informativa i poliziotti delle Squadre mobili di Crotone e Catanzaro e del Servizio operativo centrale, è venuto fuori anche un «progetto d'acquisto del villaggio “Casarossa”» di viale Magna Grecia da parte dei "papaniciari" «attraverso una società costituita da Enrico Moscogiuri, Stefano Strini e Antonio Corbisieri». L'affare – che alla fine non andò in porto – iniziò a muovere i primi passi il 21 giugno 2016. In quell'occasione, Mario Megna (nipote del boss), venne intercettato mentre chiedeva a Moscogiuri, ritenuto il referente del clan a Parma, di «preparare i documenti relativi al resort "Casarossa"».

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