E’ l’ultimo di una serie importanti di figure legate alla ‘Ndrangheta nel Vibonese che ha deciso di dire basta e collaborare con la giustizia. Antonio Accorinti, 43 anni, è figlio del boss di Briatico, Nino. “Intendo rispondere alle domande manifesto la volontà di cambiare vita, di fare tutto quanto necessario per dare un futuro diverso non solo a me ma anche ai miei figli, di allontanarmi definitivamente dai contesti malsani che mi hanno condotto dove sono per fatti che non ho nemmeno commesso". Sono le prime parole che Accorinti riferisce il 19 maggio scorso in carcere a Cosenza al pm Andrea Giuseppe Bruzzelli e agli altri magistrati.
Antonio Accorinti, già condannato ad otto anni di reclusione nell’ambito dell’operazione Costa Pulita, è stato parte integrante del sistema ‘ndranghetistico-malavitoso che ha condizionato la vita politica e socio-economica di Briatico, nota località della Costa degli Dei in provincia di Vibo Valentia. Non sono battezzato nella 'ndrangheta, non sono mai stato affiliato né io né i miei familiari. Posso dire che nessuno me lo ha mai proposto, anche perché ho un trascorso importante di tossicodipendenza. Sicuramente ho frequentato molte persone affiliate, tra i quali i fratelli Melluso, Il Grande Carmelo e Ferdinando ed altri. So da Melluso Simone, praticamente un fratello, che erano stati battezzati. Lui stesso lo era stato dopo tanto tempo è riuscito ad ottenere questa affiliazione con il Locale di Zungri. Dico molto tempo perché aveva già provato ad affiliarsi su Piscopio, con Salvatore Tripodi”.
La costa in mano ai clan
Il 26 giugno Accorinti inizia a ricostruire le vicende legate al modus operandi delle ‘ndrine e a come egli stesso ha vissuto gli anni della gioventù quando il padre scoprì che era tossicodipendente: “Confermo di non essere battezzato, ma di far parte della 'ndrangheta. Faccio nello specifico parte del gruppo criminale di Briatico. Sino al 2007 ho avuto un ruolo molto marginale perché mio padre aveva deciso di tenermi fuori da questo ambiente. Dopo l'esecuzione dell'operazione c.d. Odissea, sono avvenuti una serie di episodi che mi hanno portato a decidere di entrare completamente a far parte della criminalità organizzatadi Briatico. Fin da quando ero molto giovane, ho avuto modo di rendermi conto che Accorinti Giuseppe frequentava mio padre, che incontrava assiduamente anche in mia presenza. Vedevo inoltre mio padre spesso insieme a Barbieri Francesco, La Rosa Antonio, Quaranta Pasquale, Colace Nazzareno che so essere molto vicini a Pantalone Mancuso Scarpuni. Ricordo anche di Lele Fiamingo, Agostino Papaianni, un uomo di Cessaniti di cui non ricordo il cognome, forse Sorrentino, detto l'eremita. Questi soggetti si incontravano a Briatico, sia separatamente sia tutti insieme, spesso venivano anche a mangiare a casa mia. Della presenza di Accorinti Giuseppe ho ricordi addirittura a partire da12/13 anni. Barbieri Francesco detto Ciccio è un soggetto di Cessaniti, ad oggi dovrebbe avere circa 55/60 anni. Ho memoria di lui a partire dall'anno 1995. Lo associo anche a Fusca Nicola. Questi che ho appena citato erano i personaggi di spiccoche all'epoca frequentavano mio padre".
E’ in questo momento che Antonio Accorinti parla anche di come egli stesso pensasse che il vero deus ex machina della mala vita a Briatico fosse Pino Bonavita. “Da giovane riconoscevo in Bonavita Giuseppe il vero boss di Briatico, successivamente ho capito che a comandare in realtà era mio padre. Da sempre ho tuttavia avuto contezza che a Briatico esistesse una struttura di criminalità organizzata; infatti all'epoca era attivo un gruppo molto coeso che gestiva il paese. Questo gruppo, oltre che da Bonavita Giuseppe e da mio padre, ricordo che era composto da Bonavita Armando, Borello Giacomo, Borello Marco, Prostamo Saverio, Muggeri Salvatore, Comito Giuseppe (quest'ultimo non aveva però un ruolo di rilievo, non essendo parte della famiglia)”.
L’appoggio politico a Stillitani
Accorinti parla anche dei rapporti con la politica e l’appoggio della sua famiglia a Francescantonio Stillitani, ex consigliere e assessore regionale al Lavoro, già sindaco di Pizzo ed imprenditore turistico:
“Mi viene chiesto di precisare meglio il ruolo di Stillitani nella gestione del Club Med. Stillitani faceva riferimento, su tutto, a Pantaleone Mancuso Scarpuni, mi spiego meglio, se c'era qualcuno che faceva pressioni per entrare a lavorare nel villaggio turistico o faceva qualche danneggiamento, Stillitani si rivolgeva al nostro gruppo e noi ci attivavamo per sistemare le cose e garantire protezione. Riferisco queste cose per averle vissute personalmente. Noi avevamo inoltre creato delle società commerciali che traevano benefici dall'indotto delle attività connesse al villaggio turistico. Muggieri Salvatore e Prostamo Saverio, per esempio, avevano una ditta di autonoleggio di macchine, io avevo l'esclusiva per i trasporti verso le isole". “Con Comito ci siamo sempre interfacciati esclusivamente per il Club Med. Preciso che, sempre con riferimento al Club Med, noi abbiamo appoggiato, per le elezioni regionali, il politico Stillitani. Fu Prostamo a coinvolgerci nella raccolta voti su richiesta di Stillitani. Quando ci arrivarono i volantini, mio padre provò a contattare tutti i componenti del gruppo di Pantaleone Mancuso (quando parlo del gruppo di Pantalone Mancuso mi riferisco a personaggi come Papaianni o Palumbo) per portare i voti a Stillitani, ma poi scoprimmo che questi non si erano mai impegnati per favorirlo. Una volta riportai una imbasciata su tale circostanza a Scarpuni per conto di mio padre e ricordo che Scarpuni reagi rivolgendo delle brutte
parole nei confronti dei componentidel suo gruppo.
“Noi decidemmo di appoggiare politicamente Stillitani perché tale richiesta per noi costituiva un vero e proprio dovere; dovevamo difatti ricambiare i favori ricevuti per il Club Med. Preciso quindi che alla richiesta dello Stillitani di appoggio elettorale noi ci attivammo non a fronte di uno specifico compenso, ma nel contesto del complessivo rapporto che c'era con i fratelli Stillitani nei termini che ho sopra descritto. Era sostanzialmente una situazione analoga a quella che c'era con il marchese Bisogni, al quale garantivamo protezione senza necessità di specifici compensi i nrelazione a singoli favori, ma in relazione al potere che ci derivava dall'avere il controllo morale su dilui e sui suoi beni e attività. Allo stesso modol'appoggio elettorale a Stillitani era già compensato dalla possibilità che noi avevamo - in forza del rapporto di protezione - di inserire ditte a noi gradite e lavoratori all'interno del Club Med”.
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