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La ’ndrangheta nella Presila e i contrasti tra i gruppi rivali

Ecco le ulteriori rivelazioni dalle intercettazioni dell’operazione Karpanthos

«Noi possiamo veramente portare la bandiera, noi abbiamo avuto morti, non abbiamo navigato nell’oro, no che con... combattuto guerre, però ci siamo e siamo dignitosi che non abbiamo accusato nessuno». Così parlava Giuseppe Rocca, 62 anni, raggiunto da una misura cautelare in carcere, nell’ambito dell’operazione Karpanthos, condotta dai carabinieri del Comando provinciale di Catanzaro e coordinata dalla Dda, che ha svelato l’esistenza di consorterie criminali molti potenti ai piedi della Sila catanzarese.
Considerazioni captate dagli inquirenti, mentre Rocca parlava con il suo interlocutore, vantandosi di non aver mai avuto pentiti tra le fila del suo gruppo criminale di appartenenza, quello dei Carpino. E poi continuava, spiegando che le guerre di mafia sono controproducenti, perché determinano, alla fine, la vittoria dello Stato: «Però cugì, fare guerre, credimi, te lo posso giurare veramente che il signore mi possa fare stare su questa sedia, per questioni che alla fine ha vinto lo Stato! Hai visto Franco Coco che era una potenza? (...) hai capito? ...mano di gomma l’hai visto?». Il riferimento era evidentemente ai potenti boss Francesco Coco Trovato e Nicolino Grande Aracri.

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