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"Gratteri sta indagando sui boschi...". I clan della pre-Sila si sentivano il fiato sul collo

Petronà, già nel 2020 gli indagati dell’operazione Karpanthos coglievano segnali. Il tentativo di non attirare l’attenzione colto dalle intercettazioni

Temevano di essere arrestati gli indagati dell’operazione Karpanthos, scattata venerdì scorso, con l’esecuzione di 52 misure cautelari. A seguito delle dichiarazioni dell’aspirante pentito Danilo Monti, fra gli indagati serpeggiavano i timori per il concreto rischio di trovarsi nel mirino della Dda di Catanzaro, come emerge chiaramente dalle conversazioni intercorse fra Mario Gigliotti, 59 anni, e Vincenzo Antonio Iervasi, 46 anni, intercettati dagli investigatori.

Timori cui faceva seguito la decisione di agire sotto traccia, in modo sommerso, per non dare nell’occhio, magari allontanandosi da Petronà, per sfuggire ai controlli delle forze dell’ordine. Gli indagati avevano la sensazione di sentirsi accerchiati, di avere il fiato sul collo. Siamo nell’agosto 2020, Gigliotti e Iervasi si incontrano e il primo confida al sodale di aver incontrati Giovanni Rizzuti, alias Ominicchio, 49 anni, che era appena uscito dal carcere, dopo una breve detenzione, con lo scopo di ricevere informazioni sulla presenza di alcune intercettazioni ambientali che lo riguardavano.  «Eh ho visto coso Vince’... l’ominicchio...- dice Gigliotti a Iervasi – è stato arrestato a dicembre...lo hanno liberato». E Iervasi risponde: «E come mai? Per cose vecchie?», e Gigliotti spiega: «Niente che nella macchina gli cacciano...c’era questo coso dentro...». E la conversazione prosegue sulla decisione di Danilo Monti di collaborare con la giustizia e sulla ricerca di riscontri alle sue dichiarazioni da parte delle forze dell’ordine.

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