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Petronà, la cosca voleva mettere le mani sui buoni spesa per il coronavirus

Dalle carte dell’inchiesta “Karphantos” continuano ad emergere particolari

L’interesse delle cosche sui buoni spesa che il governo erogò durante la prima ondata della pandemia e i tentativi di fare pressione sul Comune per ottenerli: c’è anche questo dalle pagine dell’ordinanza di misura cautelare che, oltre una settimana fa, è stata notificata a 52 persone, di cui 38 finiti in carcere, 6 ai domiciliari e 8 con obbligo di presentazione alla Pg, nell’ambito dell’operazione “Karpanthos”, condotta dai carabinieri del Comando provinciale di Catanzaro e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia.
Circostanze che sono emerse dalle conversazioni intercettate nell’aprile 2020, nel pieno del primo lockdown, fra Mario Gigliotti, 59 anni, esponente di spicco della presunta cosca Carpino di Petronà e il suo sodale Santo Marchio, alias Angelino Petratunda, 63 anni. È il 26 aprile 2020, i due si trovano in una proprietà di Gigliotti a bere vino. Marchio si lamenta con l’amico per le modalità con le quali il Comune di Petronà aveva assegnato i buoni spesa, previsti dall’allora governo Conte per far fronte all’emergenza sanitaria. Gigliotti cerca di tranquillizzare il suo interlocutore, dicendogli che l’indomani avrebbe parlato con un geometra dell’ufficio tecnico-urbanistica del Comune per avere informazioni sulla persona che era stata designata per la valutazione delle richieste dei buoni spesa. Le informazioni ricevute dal dipendente comunale avrebbero agevolato Gigliotti per avvicinare l’impiegato e fare pressioni sullo stesso perché riconoscesse a Marchio arbitrariamente un’indennità maggiore: i due programmano, quindi, di minacciarlo, facendo leva sulla forza intimidatrice del vincolo associativo.

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