«Questo terreno è di mio fratello». «Ritirati, sennò...». Sui terreni agricoli di Roccabernarda incombevano sempre le grinfie della cosca Bagnato. E quando gli uomini del clan non riuscivano ad accaparrarsi il fondo desiderato, scattavano le ritorsioni verso coloro che s’erano opposti ai diktat. Lo ha scoperto la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro con l'inchiesta che, lo scorso venerdì, ha portato i carabinieri ad arrestare tre persone su disposizione del gip distrettuale, Arianna Roccia. In cella sono finiti il boss Antonio Santo Bagnato, suo fratello Gianfranco Bagnato e l'imprenditore Antonio Lonetto. Devono rispondere del monopolio che il “locale” di ’ndrangheta avrebbe esercitato, dal 2010 al 2018, sugli interventi di manutenzione dell'illuminazione pubblica affidati dal Comune di Roccabernarda attraverso la ditta di riferimento dei Bagnato, la "Elettiric Service" di Antonio Lonetto.
E in questo contesto criminale, sulla scia di quanto già emerso con le operazioni "Trigarium" e "Capitastrum", si inserisce la tentata estorsione di Gianfranco Bagnato per appropriarsi, nel 2021, di un fondo in località Guarano paventando l'appartenenza dell’area al fratello. La vicenda prese piede il 20 gennaio di due anni fa, quando Bagnato si recò da un lavoratore mentre era intento a tagliare, con i suoi collaboratori, i rami degli alberi d’ulivo su un appezzamento di proprietà di un conoscente. «Ritirati, sennò...»: la minaccia che l’indagato avrebbe rinvolto all'operaio al punto da far trapelare l’ipotesi di qualche azione violenta qualora l’appezzamento non fosse stato ceduto al capobastone.
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