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Ancora ombre sull’Asp di Vibo: oggi, come ieri il tempo sembra essersi fermato

La Dda di Catanzaro sottolinea come il quadro investigativo emerso «consente di avere un chiaro panorama di cointeressenza dell’Asp sia con la criminalità organizzata e sia con esponenti politici di vario livello

L’Azienda sanitaria provinciale, ieri e oggi. Passato, presente e futuro. Sono trascorsi tredici anni, quasi tre lustri. Due commissioni d’accesso agli atti, uno scioglimento per infiltrazioni mafiose e adesso l’avvio delle procedure per verificare di nuovo la presenza di infiltrazioni mafiose. Il leitmotiv è sempre lo stesso. Nella provincia affamata di sanità e diritti, dove gli unici appetiti alimentati sono stati quelli della corruzione, della mala burocrazia, della mala politica, dei ritardi, delle attese, delle promesse. Se come appare tutto continua a ruotare sempre intorno allo stesso canovaccio.
In questi anni inchieste, malaffare, diritto alla salute mancato, arresti. Storie diverse, questioni differenti che, però, si intrecciano e chiamano ad interrogarsi. Perché dopo tredici anni poco sembra essere cambiato. Nonostante il commissariamento, nonostante i cambi alla direzione, nonostante i passi diversi compiuti dalla politica che si è avvicendata.
Il tempo è passato, ma il tempo sembra essersi fermato a Vibo. Era, infatti, il dicembre 2010 quando dopo l’invio della commissione d’accesso agli atti su proposta del ministro dell’Interno Roberto Maroni l’Azienda veniva sciolta per mafia.  Oggi, è un altro giorno. Un giorno in cui la storia sembra ripetersi. Come un refrain. Una musica stonata, però. L’inchiesta Maestrale Carthago ha aperto una finestra che pareva essere stata socchiusa solo ieri. La Dda di Catanzaro sottolinea come il quadro investigativo emerso «consente di avere un chiaro panorama di cointeressenza dell’Asp sia con la criminalità organizzata e sia con esponenti politici di vario livello, che di fatto condiziona in modo totale l’esercizio delle funzioni dell’Ente che mediante i propri atti risponde a logiche criminali e politiche invece che perseguire l’interesse pubblico afferente la sanità».

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